«Io come Ronaldinho? È un insulto al calcio»

nostro inviato a Duisburg
L’arci-italiano. O il perfetto anti-tedesco. Decidete voi. Tanto si tratta sempre della stessa persona. O meglio dello stesso personaggio che in queste ore incarna la nazionale di Lippi alle prese con la Germania nella semifinale di coppa del mondo. Sempre di Gennaro Gattuso detto Ringhio ai tempi del Milan parliamo e delle simpatie che egli riscuote, sul campo e quando si presenta dinanzi ai microfoni di casa azzurri, dinanzi alla platea internazionale. Parlicchia anche uno scolastico inglese e dimostra alla fine che questo è il mondiale dei Gattuso, la loro riscossa. Ma senza esagerare. Per esempio con l’accostamento a Ronaldinho, tornato a casa insieme con il Brasile. «Meglio io di Ronaldinho? Questo mi sembra un insulto al calcio. È vero, lui ha deluso ma il paragone non ci sta proprio, la sua classe me la sogno la notte» comincia. E da quel momento non si ferma più per un totale di 30 domande.
Avrai l’incubo di un altro giallo, Gattuso?
«L’ho detto e lo ripeto. Firmerei, una firma grande così, per conquistare la finale e la squalifica. Ma non ci penso, non è che mi metto la fascia in testa da Rambo e vado in campo. Sarà una prova di maturità per me, il cartellino me lo mangio».
Come mai funziona così bene il rapporto con Lippi?
«Perché la squadra rispecchia il suo carattere, lui è un vero condottiero, fa rispettare le regole non scritte, eppoi è uno diretto e schietto, se deve parlarti lo fa in faccia».
Cosa ti ha colpito di più di Lippi?
«La cura nel lavoro quotidiano, ha il veleno addosso, quando si sveglia al mattino, il mio augurio è che resti da ct campione del mondo, ma non sono certo io che deve mettere becco nella questione».
Lo sai che stai diventando l’emblema dell’anti-tedesco?
«Sulle polemiche non bisogna esagerare, la partita di suo vale tanto. Mio padre faceva l’emigrante a un milione al mese e solo a ripeterlo mi viene il magone, ora viene in vacanza a vedermi giocare, prima non se lo poteva permettere. Ho sentito che Cossiga si è schierato dalla mia parte, meno male».
Quanto ha contato la scuola scozzese ai Rangers?
«Ha contato. Se, otto, nove anni fa, invece di incontrare gente che amava lavorare duramente avessi trovato degli scansafatiche, a quest’ora sarei da un’altra parte e non potrei pensare d’aver disputato 2 finali di Champions League e di giocare una semifinale di coppa del mondo».
Te la senti di giocare per gli emigranti italiani che vivono in Germania?
«Conosco persone che vivono in Germania da 30 anni, mia madre ha due fratelli qui in Germania, con le nostre imprese stanno provando delle gioie pazzesche. Noi giochiamo per noi e per il nostro popolo, ma è una partita di calcio, non dobbiamo dimenticarlo. Io sono orgoglioso di essere italiano. I tedeschi ci attaccano tanto ma poi vengono a casa nostra per fare vacanze e shopping».
Che differenze ci sono col mondiale 2002?
«La differenza fondamentale è nelle modalità di preparazione delle partite. Poi in campo si vede che questa nazionale è più compatta, è dura farci gol».
Giocare a Dortmund contro la Germania intera è una gran bella sensazione?
«L’ambiente sarà duro per noi, 70mila dalla loro parte, ma ci proveremo lo stesso. E soprattutto, in campo, non ci faremo intimidire».
C’è chi spera nel titolo mondiale per reclamare l’amnistia sullo scandalo: che ne pensi?
«Spero di vincere il mondiale senza sanatoria. Chi ha sbagliato, deve pagare».
Gigi Riva dice che vale più questo Germania-Italia che il famoso 4 a 3 di Città del Messico: condividi?
«Riva è il mio dio calcistico, come posso contraddirlo? I miei ricordi personali si fermano a Italia-Argentina del ’90, con la voce di Pizzul».
Che effetto ti fa la richiesta della maglia?
«Prima del mondiale c’era Valentini (capo ufficio stampa Figc, ndr) che mi tempestava di richieste di maglie del Milan. Faccio il mio dovere, so che qualcuno mi considera uno scarpone ma non me la prendo, basta che non tocchino la mia famiglia».
Chi vorresti che risultasse decisivo martedì sera?
«Mi piacerebbe Alessandro Del Piero.

Perché è uno abituato a uscire fuori alla distanza, a non trovare spazio e a essere sempre pronto. Mi piacerebbe proprio».
Sei geloso se De Rossi dovesse giocare la finale al tuo posto?
«Non ho nessuna gelosia, lo giuro».

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