Personalmente, non so dare una risposta precisa ai molti dubbi sollevati dalla tragedia di Eluana Englaro. Se per un mio ruolo istituzionale - per fortuna ne sono del tutto privo - fossi stato interpellato, avrei dato la stessa risposta che, parola più parola meno, hanno dato Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini: meglio non intervenire, e demandare a chi deve decidere - a cominciare dai genitori - il peso d’una così tremenda responsabilità.
Credo invece di potermi occupare d’altri aspetti del «caso»: minori ma non minimi. Eluana, è stato spiegato, viene uccisa nel modo più atroce, con sofferenze da non far patire «neanche a un cane» (espressione che per me, convinto animalista, suona piuttosto infelice). Mi astengo dal discutere queste affermazioni - altri sostiene che Eluana non prova e non sente nulla - e avanzo una osservazione. Se i termini della vicenda sono con chiarezza questi, se la fine di Eluana è un assassinio, come mai una maggioranza di italiani s’è pronunciata in favore del padre, e della sua battaglia per farla morire?
Cito un sondaggio di Panorama. Alla domanda «si deve interrompere il trattamento di idratazione e alimentazione assistita?» il 58 per cento ha risposto sì, il 30 per cento no, gli altri non so. Il 56 per cento ha poi bocciato la presa di posizione del ministro della Salute Maurizio Sacconi per vietare l’interruzione (il 34 per cento favorevole al ministro). Due italiani su tre sono favoreggiatori d’un crimine orribile? Da notare che il responso dell’opinione pubblica prescinde non totalmente ma largamente dagli schieramenti politici. La quota di italiani che parteggia per il centrodestra corrisponde più o meno alla quota di italiani che appoggia Beppino Englaro. Mi guardo bene dal ritenere che il giudizio dei più sia sempre un buon giudizio. Nel nome della democrazia sono state compiute - proprio appellandosi alla prevalenza del numero - indicibili nefandezze. Il numero non dev’essere mitizzato. Ma dev’essere valutato con rispetto, e interpretato.
Penso che la gente comune - molta gente comune - ritenga che il calvario da Eluana patito per 17 anni (se conservava la capacità di soffrire), e quello che potrebbe sopportare ancora a lungo, sia peggiore delle sofferenze relativamente brevi - lenite da appropriati farmaci - che la condurranno alla fine. Penso che la gente comune - molta gente comune - ritenga, magari con mentalità bottegaia che le risorse profuse in un’assistenza ritenuta inutile a poveri esseri inerti, nella prospettiva remota d’un miracolo, possano essere meglio utilizzate per il recupero di malati davvero suscettibili di guarigione. Così ha ragionato - con buon senso magari banale - una parte prevalente degli italiani, e capisco quanto la dimessa semplicità della loro logica possa ripugnare a chi ha ingaggiato, su Eluana, uno scontro d’ideologia e di fede, nutrito d’alti principi.
Sono molto toccato dalla sincera passione con cui alcuni difensori della vita a ogni costo, e alcuni sostenitori di questa morte, si battono per la loro causa. Lo sono meno da prese di posizione occasionali e strumentali, una dichiarazione su Eluana e poi si va in trattoria per una spaghettata. Giù il cappello sia di fronte alla vita, sia di fronte alla morte.
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