Irak, funzionario russo ucciso quattro rapiti e subito liberati

Imboscata a un’auto dell’ambasciata di Mosca. Autobomba a Bassora: 28 morti

Torna ad alzarsi di livello e di intensità l’attività terroristica in Irak. Ieri, a Bagdad, un commando armato ha ucciso un dipendente dell’ambasciata russa e rapito altri quattro suoi colleghi, liberati però qualche ora più tardi grazie all’intervento delle forze speciali governative al termine di uno scontro a fuoco con i sequestratori. E la cronaca di quella che è stata purtroppo l’ennesima giornata di ordinaria “macelleria“, deve registrare anche lo scoppio di un’autobomba nella città meridionale di Bassora, con il pesantissimo bilancio di 28 morti e 62 feriti; il macabro ritrovamento di otto teste mozzate nei pressi di Baquba, una località tra le più “calde” del Paese, a nord della capitale; e infine sette agenti della polizia irachena uccisi in un attacco mentre si trovavano a un posto di blocco nella stessa località.
Erano le 14 locali (le 12 in Italia), a Bagdad, quando un commando di uomini armati, vestiti tutti di nero e a volto coperto, che viaggiava a bordo di due vetture, ha tagliato la strada a un’automobile dell’ambasciata russa che stava percorrendo Ramadan Street, nel quartiere elegante di Al Mansour. Stando alla ricostruzione fatta da un agente della polizia stradale in base alle deposizioni rilasciate subito dopo il fatto da alcuni testimoni oculari, il commando, i cui componenti indossavano anche giubbotti antiproiettile, è arrivato sul luogo dell’agguato a tutta velocità. E senza lasciare tempo di reazione ha immediatamente ucciso con una raffica l’uomo che era al volante dell’automezzo, un furgone di fabbricazione americana. Poi, in pochi secondi, aveva sequestrato gli altri quattro passeggeri. Sull’auto dei russi, oltre alla targa diplomatica, spiccava anche un vistoso cartello che la qualificava come vettura d’ambasciata. Le autorità di Mosca, che avevano tempestivamente creato un’unità di crisi al ministero degli Esteri, si erano messi in contatto con il presidente Jalal Talabani e con il governo di Bagdad.
Ma dopo alcune ore di ansia per la sorte degli ostaggi, è arrivata la notizia della loro liberazione nel quartiere Jasiriya grazie all’intervento delle foze speciali irachene, che hanno anche arrestato i membri del commando. Sorprende però il fatto che vittima del gesto sia stato proprio un Paese come la Russia che ha sempre condannato l’intervento della coalizione in Irak.
Va tuttavia ricordato che diplomatici stranieri, e non soltanto occidentali, sono spesso caduti nel mirino di sequestri e attentati in Irak. Il mese scorso un diplomatico degli Emirati Arabi Uniti è stato rapito e liberato due settimane dopo; lo scorso anno al Qaida aveva ucciso due diplomatici algerini e un egiziano; mentre nell’agosto 2003 un camion bomba era esploso all’esterno del quartier generale dell’Onu a Bagdad, facendo 22 vittime tra cui il capo delegazione, il brasiliano Sergio Vieira de Mello.
Quanto all’attentato di ieri a Bassora, si è trattato ancora una volta del gesto di un kamikaze che alle 18.30 locali (le 16.30 italiane) si è fatto esplodere a bordo di un’autobomba in un mercato nella città vecchia, uccidendo 28 persone, ferendone almeno 62 e provocando ingentissimi danni. Il gesto è stato subuito interpretato dagli osservatori delle cose irakene come la terribile riposta alla decisione del premier Nuri al-Maliki che mercoledì scorso, dopo una visita a Bassora resasi necessaria a causa della recente escalation di violenze, vi aveva dichiarato lo stato di emergenza.
L’elenco degli orrori che hanno scandito ieri la cronaca irachena prosegue e si conclude con i due episodi che hanno avuto entrambi come scenario la città settentrionale di Baquba, una sessantina di chilometri a nord della capitale.

Ovvero l’attacco armato a un posto di blocco della polizia nel quartiere di al-Razi, nel quale sono morti sette agenti e 10 persone (6 civili e 4 poliziotti) sono rimaste ferite. E infine le otto teste mozzate ritrovate sempre a Baquba in una cassetta della frutta. Accanto, un bigliettino che spiegava come le decapitazioni erano avvenute in rappresaglia all’uccisione di quattro medici sciiti.

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