Claudia Passa
da Roma
È difficile dire se a far da detonatore sia stato un verbo (la missione in Irak va «sospesa») giudicato troppo «morbido» dai supporter del modello-Zapatero, o se nella visita di Capodanno di Luciano Violante a Nassirya, assieme a Pier Ferdinando Casini e Luigi Ramponi, la sinistra dellUnione abbia intravisto linterstizio ideale per approfittare della crisi nei Ds e delle latenti tensioni con la Margherita scatenate dal terremoto bancario per rosicchiare consensi. Sta di fatto che la trasferta irachena del presidente dei deputati della Quercia al duo Verdi-Pdci non è andata giù. E colui che allindomani della vittoria alle Primarie ha rivendicato lonere e lonore di dettar la linea dellUnione - Romano Prodi - sulla politica estera è accusato di fare il «Re Tentenna».
Nel giorno in cui Alfonso Pecoraro Scanio dalle colonne de La Stampa spara a palle incatenate contro Violante («Nessuno era al corrente della visita», «meno male che era in abiti civili...») e lancia il suo avviso ai naviganti («su questi argomenti si rischia di far saltare la coalizione»), nella Cdl cè chi punta direttamente a Prodi. Il leader Udc Lorenzo Cesa, ad esempio, che al Professore chiede di chiarire «se la visita di Violante a Nassirya è frutto di una scelta sbagliata o, come noi pensiamo, una doverosa testimonianza di solidarietà ai soldati italiani». E il presidente del Senato Marcello Pera, il quale dai microfoni di Telecamere ha rammentato a Prodi le «critiche» incassate come presidente della Commissione Ue «per la sua politica di allontanamento dagli Usa. Questo credo dovrà spiegarlo adeguatamente in campagna elettorale - ha detto Pera -, insieme alla sua posizione nei confronti di Irak e Afghanistan, dove vedo che permangono divisioni nel centrosinistra».
Insomma, mentre fra Ds e Margherita si gioca la partita non dichiarata sul fronte finanziario, è sullIrak che la dis-Unione deflagra. Apparentemente è una questione di tempistica: il «ritiro immediato delle truppe» richiesto dai pacifisti, la smobilitazione «graduale» invocata dai moderati come Clemente Mastella, il richiamo del prodiano Giulio Santagata (Dl) al seminario di Perugia; fino alla sortita diplomatica della Ds Marina Sereni che ha ricordato, in caso di vittoria, limpegno dellUnione a fissare «un calendario per il rientro del contingente, dintesa con le autorità irachene». Le quali, per bocca del presidente Talabani, hanno già chiesto allItalia di restare fino alla fine del 2006.
Dunque, l«intesa» evocata dalla Quercia sembra incompatibile col calendario ben più stringente richiesto dalla sinistra della sinistra. Lassedio delle «truppe pacifiste» preoccupa i leader. Le frange più estreme hanno già dimostrato in altre situazioni (vedi i Disobbedienti romani e l«okkupazione» delle case) di poter tenere sotto scacco lintera coalizione. E limminenza del voto parlamentare sul rifinanziamento della missione in Irak rischia di scatenare un gioco al massacro. Il verde Paolo Cento annuncia infatti una mozione sul ritiro e definisce la visita di Violante «un errore che mette a rischio lunità del centrosinistra lasciando spazio a posizioni politiche ambigue e non condivise»; Pecoraro sollecita «coerenza»; per Marco Rizzo (Pdci) lobiettivo della coalizione è il ritiro, e «se i Ds cambiano idea lo devono dire». Tace Rifondazione, eccetto il richiamo al ritiro «immediato e unilaterale» della minoranza di Claudio Grassi.
Alla fine, toccherà a Prodi prendere una decisione e comunicarla. Altrimenti finirà col dar ragione a Roberto Calderoli, secondo il quale dal Professore «non arriverà nessuna risposta sullIrak, o meglio arriverà una risposta in cui o non dirà niente, o sosterrà tutto e il contrario di tutto».
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