Irak, l’opposizione dei sunniti fa saltare la nuova Costituzione

L’intesa tra sciiti e curdi non è bastata. L’Assemblea decide di non votare e proroga di tre giorni la scadenza per il via libera definitivo alla Carta

Irak, l’opposizione dei sunniti fa saltare la nuova Costituzione

Fausto Biloslavo

Sciiti e curdi hanno trovato l’agognato accordo sulla Costituzione irachena, che è stata presentata ieri notte in Parlamento, ma i sunniti fanno muro per non approvarla. I curdi hanno ottenuto il federalismo e gli sciiti la legge islamica. Ora i parlamentari hanno tre giorni per smussare gli angoli e cercare di convincere i sunniti ad accettare un compromesso. Questi ultimi si sono opposti duramente all’approvazione del testo profetizzando addirittura la guerra civile se la Costituzione non fosse stata emendata. Nelle grandi città sciite come Bassora, Najaf, Karbala la gente era già scesa in piazza ieri sera per festeggiare la nuova carta fondamentale, ancora prima che venisse votata dal Parlamento.
La svolta è arrivata ieri pomeriggio, quando il capo negoziatore della maggioranza sciita, Jawad al-Maliki, ha annunciato l’accordo con i curdi. L’ex regno di Saddam sarà uno Stato federale, anche se il testo costituzionale non entra nei dettagli, demandati a trattative future. Il testo si limita a definire l’Irak «uno Stato repubblicano, parlamentare, democratico e federale». Gli sciiti hanno ottenuto, in cambio, lo scontato riconoscimento dell’islam come religione di Stato e «principale fonte legislativa». Inoltre «non è permesso legiferare alcuna norma in conflitto con i principi e le regole» dell’islam. La sharia, la legge del Corano, non viene espressamente citata, sulla falsariga della Costituzione afghana, approvata lo scorso anno.
La bozza doveva essere già stata approvata dal Parlamento il 15 agosto, ma ieri a mezzanotte scadeva il rinvio. La bozza è stata presentata all’ultimo momento, e ora i parlamentari si sono concessi altri tre giorni di tempo prima del voto di approvazione, che è scontato tenendo conto della schiacciante maggioranza di curdi e sciiti.
I rappresentanti delle varie fazioni sono rimasti a colloquio per quasi tre ore nella residenza della capitale del leader curdo Massoud Barzani prima di annunciare il compromesso. Secondo le prime indiscrezioni sul testo costituzionale, è stato confermato il 25% dei seggi parlamentari per le donne e la distribuzione dei proventi delle risorse petrolifere da parte del governo, in accordo con gli Stati federali.
I sunniti hanno fatto muro contro la nuova Costituzione accusando sciiti e curdi di non aver tenuto conto delle loro proposte. «Gli arabi sunniti sono fermi nel loro rifiuto del federalismo, in quanto il federalismo è la premessa alla divisione dell’Irak», ha dichiarato Salih al-Mutlaq, portavoce del Comitato di dialogo nazionale sunnita e membro dell’assemblea costituente. Soha Allawi, un’altra rappresentante sunnita nella commissione che ha lavorato alla bozza, è stata ancora più dura: «Non rimarremo in silenzio. Ci impegneremo in una campagna per convincere sciiti e sunniti a votare contro la Costituzione, che contiene elementi che possono portare alla disgregrazione dell’Irak e alla guerra civile». La bestia nera rimane il federalismo voluto dai curdi, che fin dalla prima guerra del Golfo del 1991 hanno creato una zona autonoma, nel nord del Paese, difesa dall’aviazione americana e dalle baionette dei miliziani peshmerga.
Secondo il sunnita Hussien Shukur Al Falluji, «la Costituzione condensa e non risolve i problemi dell’Irak, dal settarismo alla secessione. Se venisse definitivamente approvata la ribellione raggiungerà il suo apice». Uno dei più sanguinari gruppi dell’insurrezione sunnita, Ansar al Sunna, ha esortato i suoi seguaci a registrarsi per votare «no» al referendum popolare del 15 ottobre sulla futura Costituzione. Basta che in tre province irachene almeno i due terzi degli elettori respingano la carta fondamentale per invalidarla. «Respingere la Costituzione sconfiggerà i piani americani in Irak», afferma un comunicato diffuso da Ansar al Sunna. Guerriglieri e terroristi sunniti hanno già annunciato che rispetteranno una sorta di cessate il fuoco il giorno del referendum per «proteggere chi va a votare». Lo slogan di Ansar al Sunna è che votare «no» alla Costituzione rappresenta «un jihad di parole non diverso dalla guerra santa della spada. Dobbiamo mostrare al mondo la nostra forza e sconfiggere il federalismo».


Appelli a registrarsi al voto per il referendum sono giunti anche dal predicatore radicale sciita Moqtada Sadr, che punta a uno Stato centralista, come ai tempi di Saddam. Tuttavia il piccolo Khomeini iracheno non ha ancora invitato gli elettori a votare «no», riservandosi uno spazio di manovra politico.

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