Irak, liberi mille detenuti di Abu Ghraib
28 Agosto 2005 - 00:00Curdi e sciiti presentano oggi la bozza definitiva della Carta. Attriti con lo Sciri sullex partito di Saddam e sul federalismo
Gaia Cesare
Una lunga coda, le ultime pratiche burocratico-amministrative e poi via quel camice bianco che segnava il loro status di detenuti. Il filo spinato, lora daria, sono già un ricordo per mille prigionieri iracheni del carcere di Abu Ghraib, la cui liberazione da parte delle forze americane - scattata a partire da mercoledì scorso - è stata annunciata solo ieri, giorno in cui si è chiusa. La prigione, famosa per le torture inflitte al suo interno dagli aguzzini del regime di Saddam e poi di nuovo al centro dello scandalo per i misfatti dei soldati americani, è tornata a essere lo specchio dei cambiamenti in corso nel Paese.
I prigionieri «non si erano macchiati di reati gravi», hanno spiegato le autorità militari statunitensi. Niente bombe, torture, sequestri o uccisioni. Ma la decisione ha un valore simbolico che va oltre le singole accuse a carico di ogni recluso: «Questo importante rilascio, il più ampio finora, segna un passo rilevante nel progresso dellIrak verso un governo democratico e il principio di legalità - ha spiegato il colonnello Steven Boylan - e dimostra il coinvolgimento del governo di Bagdad nello sforzo per garantire sicurezza e giustizia per tutti gli iracheni».
La scelta americana, con molta probabilità, è legata alle trattative in corso sulla Costituzione. Erano stati i sunniti, verso i quali Bush in persona ha chiesto venerdì unapertura, a lanciare in settimana appelli per la scarcerazione dei prigionieri, detenuti per mesi senza alcun capo di imputazione a loro carico. Luscita da Abu Ghraib consentirebbe loro di partecipare al referendum di ottobre e alle elezioni di dicembre e - a differenza di quanto avvenuto durante le elezioni dello scorso 30 gennaio, che furono boicottate dai sunniti - garantirebbe la partecipazione del terzo principale gruppo religioso iracheno al processo elettorale. Eppure gli americani non si sbilanciano: «Si tratta di un rilascio enorme, ma non posso dire se è collegato a una situazione che si sta evolvendo», ha spiegato ancora il colonnello Boylan.
La posta in gioco, ossia lapprovazione della Costituzione, è tuttavia piuttosto alta per Washington, come ha dimostrato lintervento personale di Bush dei giorni scorsi. Oggi i leader curdi e sciiti - ha annunciato il presidente del Parlamento, il sunnita Hajim al Hassani - presenteranno allAssemblea nazionale lultima versione della bozza di Costituzione, con le modifiche apportate in corsa per tentare di andare incontro alle richieste sunnite. Ma non è certo che i cambiamenti soddisfino i sunniti. La componente religiosa rappresentata dal negoziatore Fakhri al-Qaisi ha presentato alcune controproposte, minacciando la rottura «se non verranno accolti gli emendamenti presentati».
I sunniti avrebbero accettato di fare dellislam «la principale fonte del diritto», ma restano inflessibili sulla questione del federalismo. Con leccezione del Kurdistan iracheno, che già conosce unautonomia, i sunniti sostengono che «tutte le altre regioni dellIrak dovrebbero esistere sulla base di governatorati che beneficino di poteri decentralizzati». Quasi insormontabile, tra laltro, sembra la vicenda del partito Baath, già messo al bando dopo la caduta di Saddam e che gli sciiti vorrebbero scomparisse per sempre con la persecuzione dei suoi vecchi adepti. I sunniti, che lo componevano in maggioranza, continuano a chiedere che sparisca il veto sul movimento. Il braccio di ferro su questo e sugli altri punti potrebbe chiudersi oggi. Il rischio, tuttora alto, è che il processo costituzionale finisca senza unintesa globale dei tre gruppi etnico-religiosi, ma solo per la volontà curda e sciita (e le pressione americane) di chiudere la partita prima possibile.