Irak, il premier Brown dà l’annuncio alle truppe: «A maggio via al ritiro, tutti a casa entro luglio»

Via al ritiro in maggio, tutti a casa entro luglio. A farlo sapere agli ultimi 4.200 soldati inglesi ancora nel sud dell’Irak ci pensa il premier inglese Gordon Brown volato ieri a Bagdad per l’annuncio a sorpresa. A fissare la data è stato il Consiglio dei ministri iracheno spiazzando il governo britannico e negandogli quell’accordo concordato stipulato invece con Washington. Così per salvare la faccia Gordon Brown si ritrova costretto a un viaggio nella capitale irachena e a una poco trionfale conferenza stampa al fianco del premier Nouri al Maliki. «È importante ricordare che siamo stati protagonisti di una missione fra le più difficili... ci siamo assunti la responsabilità di rovesciare una dittatura, costruire una democrazia e difenderla dal terrorismo... alla fine di tutto ciò ci lasciamo alle spalle un Irak trasformato in un posto migliore, ricorda Brown, spiegando che le truppe inglesi hanno contribuito all’addestramento di 20mila soldati iracheni e alla preparazione delle elezioni provinciali previste per il prossimo gennaio
Le parole del premier britannico mascherano l’amarezza per una missione costata la vita a 178 soldati inglesi e caratterizzata da crescenti divergenze con l’alleato americano e il governo iracheno. L’Operazione Telic, iniziata con 46mila soldati durante l’invasione del marzo 2003 si è, praticamente, già conclusa un anno fa con la riconsegna di Bassora agli iracheni e il ritiro in una base all’interno dell’aeroporto della città. Da allora i 4200 soldati inglesi rimasti non hanno più messo piede fuori dalla zona aeroportuale. La scorsa primavera quando le più estremiste fra le milizie sciite lanciarono un’offensiva per assumere il controllo della città la difesa di Bassora fu garantita dalle truppe americane e dall’esercito governativo. L’apatia britannica, aspramente criticata dal governo di Maliki, è stata l’inevitabile conseguenza di una serie di divergenze sul modo di fronteggiare l’insurrezione che ha visto protagonisti i comandanti britannici da una parte e quelli americani e iracheni dall’altra.
Il mancato rinnovo alle truppe della coalizione del mandato del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, in scadenza il prossimo 31 dicembre, segna il ritorno a casa anche per i 500 soldati di cinque contingenti tra cui Australia, Salvador e Romania, la cui partenza è prevista, come per i britannici, ai primi di giugno. Visto il ruolo non secondario giocato nella cacciata di Saddam Hussein e nella guerra segreta ad Al Qaida, costata la vita a oltre una dozzina di militari delle Sas, le forze d’élite di sua Maestà, Londra contava di poter negoziare un calendario separato, simile a quello concordato dal governo di al Maliki con gli americani.

Le date e le fasi del ritiro decise unilateralmente dai ministri iracheni e annunciate al governo britannico a cose fatte assumono così i connotati di un ultimo sgambetto a un liberatore sempre più malvisto e sempre più detestato.

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