Iraq, file di Wikileaks e smentite sull'Italia: ambulanza non sparò

I file sulla guerra in Iraq pubblicati dal portale americano: "Il soldato Marracino nel 2005 ucciso dal fuoco amico. La battaglia dei Lagunari non fu originata da ribelli a bordo di un'ambulanza". Ma il procuratore militare smentisce: "Il parà si sparò da solo, fu un incidente"

Iraq, file di Wikileaks 
e smentite sull'Italia: 
ambulanza non sparò

Roma - Nuove rivelazioni sulla guerra in Iraq da parte di Wikileaks. Salvatore Marracino, il militare italiano morto nel corso di una esercitazione il 15 marzo 2005 in Iraq, "è stato colpito accidentalmente" si legge nella documentazione pubblicata da Wikileaks. Secondo l’ipotesi più accreditata all’epoca, invece, il 28enne di San Severo (Foggia) si sparò alla fronte con la sua stessa arma, che si era inceppata poco prima. In un rapporto americano datato il 15 marzo 2005, classificato segreto e pubblicato da Wikileaks con diversi omissis, si legge che "alle ore 13, un (militare italiano) stava prendendo parte a un’esercitazione di tiro a Nassiriya. È stato accidentalmente colpito (alla testa). È stato trasferito all’ospedale in Camp (Mittica) e classificato come incidente. È stato trasferito all’Ospedale navale di (Kuwait City). È morto alle 16.45 circa" ora locale. La notizia della morte a Nassiriya del sergente Marracino arrivò nell’aula della Camera proprio mentre si stava per votare il rifinanziamento della missione italiana in Iraq. A informare il parlamento fu il vicepremier Marco Follini spiegando che Marracino "durante un’attività regolarmente programmata di tiro con le armi portatili, nel tentativo di risolvere un inceppamento della propria arma, è stato raggiunto da un colpo alla testa".

La ricostruzione Nel tempo la ricostruzione è apparsa sempre più sfocata: non si è più parlato esplicitamente di un colpo esploso dall’arma impugnata dallo stesso Marracino. Durante i funerali, la madre del ragazzo lanciò un appello ai commilitoni del figlio perchè la aiutassero a "fare chiarezza" su quanto accaduto.

La testimonianza della madre "A noi hanno sempre detto che Salvatore è morto per un incidente causato dalla sua arma", ha detto all’Ansa la madre del sergente della Folgore Salvatore Marraccino, Maria Luigia Grosso. "Non so bene come - ha aggiunto - ma pare che sia partito un colpo da un’arma che si era inceppata più volte".

Il legale "La Famiglia Marracino respinge categoricamente ogni ricostruzione dei fatti che diverga da quella ufficiale risultata alle indagini condotte dalla Procura  Militare di Roma, ricostruzione assolutamente compatibile con le testimonianze, il riscontro autoptico e l’esame balistico, svolti all’epoca». Lo scrive in una nota l’avvocato Mauro Valente, legale della famiglia, in relazione alle notizie diffuse dal sito Wikileaks e rilanciate su giornali e agenzie. "Il Sergente Salvatore Domenico Marracino - prosegue il comunicato - morì in un incidente avvenuto nel poligono militare di Nassirya, a causa dell’inceppamento di un’arma in dotazione alle nostre Forze Armate. Questa è l’unica versione dei fatti. La Famiglia Marracino, nel chiedere che si spenga il clamore suscitato dalla notizia apparsa sui siti di tutto il mondo e che altro non ha fatto che riaccendere il dolore per una tragedia incancellabile - conclude l’avvocato - ribadisce il suo pieno e convinto attaccamento ai valori di Patria e Bandiera riunendo in un unico abbraccio e in un’unica preghiera tutti Coloro che, forti dei loro ideali, hanno sacrificato la vita nel compimento del proprio dovere". 

Ma il pm militare smentisce Wikileaks Il parà della Folgore è morto durante un addestramento in Iraq, il 15 marzo 2005, per un colpo partito accidentalmente mentre tentava di sbloccare l’arma che egli stesso stava maneggiando e che si era inceppata. Non vi sono state quindi responsabilità di altri militari. Sono i risultati dell’inchiesta della magistratura: lo ha confermato all’ANSA il procuratore militare di Roma, Marco De Paolis, smentendo Wikileaks che parlava di militare "colpito accidentalmente". "Su questo incidente - spiega De Paolis - è stata svolta una approfondita attività di indagine: sono stati sentiti testimoni, fatte simulazioni, compiuti rilievi fotografici ed altro. Al termine è emerso, anche sulla base dei risultati dell’esame autoptico, che, mentre il sergente stava cercando di sbloccare l’arma che si era inceppata, è partito accidentalmente un colpo che l’ha raggiunto al capo, provocandone purtroppo la morte. Non sono emerse responsabilità di altri militari".

La battaglia dei Lagunari Non sparavano gli occupanti del mezzo di soccorso iracheno colpito durante la "battaglia dei Lagunari", nell’agosto 2004 sui ponti di Nassiriya, in Iraq, e poi esploso perché raggiunto dai colpi dei soldati italiani: lo si legge nella documentazione messa online da Wikileaks. I militari italiani dissero di aver risposto al fuoco proveniente dal veicolo iracheno. "Alle ore 03.25 un automezzo che transitava sul ponte orientale di Nassiriya non si è fermato al checkpoint italiano e veniva conseguentemente ingaggiato con armi leggere. Quindi si è prodotta una grande esplosione, seguita da una seconda da cui si è valutato che il veicolo avesse dell’esplosivo" si legge in due resoconti americani del 5 agosto 2004 pubblicati da Wikileaks.

Il ponte esploso I fatti risalgono alla notte tra il 5 e il 6 agosto 2004 quando a Nassiriya si verificarono scontri tra i miliziani dell'esercito del Mahdi e i soldati italiani, posti a difesa dei tre ponti sull’Eufrate. L’episodio è stato al centro di una vicenda giudiziaria complessa. A bordo del veicolo, secondo i testimoni, si trovavano una donna incinta, la madre, la sorella e il marito. La ricostruzione raccontata dai file di Wikileaks coincide sostanzialmente con quanto appurato nel corso dell’inchiesta giudiziaria. I militari hanno sempre raccontato una storia diversa: nessuna ambulanza, hanno sostenuto, ma solo un furgone, privo di insegne o di dispositivi luminosi, con a bordo uomini armati che, a un tratto, sono scesi sparando contro i soldati italiani che, dopo aver seguito le procedure, si sono limitati a rispondere al fuoco. Dai file Wikileaks, incrociati con il rapporto riservato, scritto tre giorni dopo i fatti dal colonnello dei lagunari Emilio Motolese e reso noto nel 2006, emerge che la versione dei soldati italiani si potrebbe riferire a un episodio distinto, verificatosi un’ora dopo, alle 04.25. I soldati "spararono contro un mezzo che non si era fermato al checkpoint. Quindi iniziò - si legge nei file - una battaglia nella quale diversi insorti rimasero uccisi e altri feriti".

Le minacce a Nassiriya Reiterate minacce contro la base italiana di Nassiriya in Iraq, almeno tre gli attentati pianificati dal 2004 al 2006, successivamente alla strage del novembre 2003 emergono nei file pubblicati da Wikileaks. Il 2 febbraio 2004, a Nassiriya gli insorti iracheni pianificavano un attacco contro la base italiana, colpita due mesi prima dall’attentato che costò la vita a 19 soldati. Nuova minaccia nel maggio del 2005: gli insorti pianificano un attacco in grande stile contro la base di Nassiriya e quella britannica a Bassora. L’attacco, a colpi di mortaio, razzi, mine e Ied, era previsto per l’ultima settimana di maggio, di sera. Un anno dopo, i gruppi radicali di Nassiriya erano pronti a fomentare le violenze nel corso di manifestazioni popolari ostili alla coalizione in concomitanza con il ritiro italiano, iniziato formalmente il 16 giugno 2006 con il passaggio di consegne all’esercito iracheno. Il piano prevedeva l’utilizzo di ordigni artigianali da far esplodere lungo le strade vicino agli oleodotti e alle stazioni di carburante.

Wikileaks si difende Il portavoce di Wikileaks a Londra ha detto che il gruppo di Julian Assange non è antiamericano. "Non siamo anti-americani" ha detto Kristinn Hrafnsson alla radio Bbc 4, definendo "completamente false" le accuse secondo cui le fughe di notizie (prima di quella di venerdì notte su 400mila documenti sulla guerra in Iraq c’era stato lo scoop di luglio con 77mila dossier afghani) potrebbero servire alla propaganda di gruppi estremisti islamici.

"Un gran numero di persone che appoggiano Wikileaks hanno sinceramente a cuore i principi alla base della società americana e il Primo Emendamento della Costituzione sulla liberta di espressione" ha detto Hrafnsson. "È una coincidenza che questi documenti importanti rivelati negli ultimi mesi riguardino l’esercito americano".

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