Ispirazioni Da Baudelaire alla Beat generation, un vizio diventato classico

«Gli uomini non desiderano tanto che la loro consapevolezza operi nel modo giusto, quanto piuttosto che a loro sembri che sia giusto quel che essi fanno, e perciò essi ricorrono a sostanze che alterano il giusto operare della consapevolezza». La firma è autorevole: Lev Nikolaevic Tolstoj. E il titolo del saggio in cui compare la frase (che suona come una sentenza - o come una diagnosi) parla da solo: Perché la gente si droga? Ciò che l’autore di Guerra e pace afferma in generale, vale anche nel particolare. Per esempio in letteratura. Lo scrittore, quando non lavora dichiaratamente sotto l’insegna del moralismo, nella sua opera non mette il «giusto», bensì ciò che tale gli «sembra». E per dare un aspetto più verosimile, eccentrico, accattivante a quel che «sembra», spesso ricorre alle sostanze proibite. Caso eclatante dell’eccezione diventata regola è la Beat Generation, replica statunitense novecentesca degli ottocenteschi maudit con la erre roulant. I vari Jack Kerouac, Allen Ginsberg, William Burroughs e Co., infatti, imposero l’uso della droga come moda. Così il passo da «maestri» a «cattivi maestri» fu brevissimo, addirittura impercettibile. E sul carro vincente della poesia e della prosa psichedeliche, alimentato da mescalina e Lsd, salirono folle di pecoroni i quali, più che scrittori drogati, erano poveri drogati che s’atteggiavano a scrittori... Ma per poeti e narratori non esiste un organo come la World anti-doping agency, la Wada, cioè l’Agenzia mondiale che stila la lista nera degli «aiutini» chimici destinati agli atleti. Quindi, trattandosi di mettere nero su bianco, ognuno si arrangia come vuole, o come può. L’elenco è lungo, soprattutto pensando agli ultimi due secoli. Ecco alcuni casi eclatanti e conclamati. Grande sponsor (e consumatore) di oppio fu Thomas de Quincey: ne era ghiotto, al punto da metterlo nel titolo delle sue Confessioni di un oppiomane: un’autobiografia davvero stupefacente. L’oppio era molto apprezzato inoltre da Samuel Taylor Coleridge: pare che La ballata del vecchio marinaio, capolavoro della letteratura inglese, sia stata composta sull’onda di un’ebbrezza diciamo così... indotta. Pure Charles Baudelaire colse e ingollò abitualmente il più maligno dei «fiori del male». Intanto, dall’altra parte dell’Oceano, Edgar Allan Poe, per dar corpo agli orrori che lo tormentavano ricorreva allo stesso metodo. Annaffiando il tutto con litri e litri di gin: una miscela da paura, in tutti i sensi. Prima e dopo questi classici dell’eccesso, abbiamo avuto Aldous Huxley che aprì Le porte della percezione usando il grimaldello della mescalina; Dino Segre alias Pitigrilli che alla Cocaina dedicò un romanzo; e Novalis, e Bulgakov, e Artaud...

E se Jean-Paul Sartre si preparava miscele esplosive con ogni genere di euforizzante per lenire la sua luna storta di esistenzialista, Sigmund Freud s’infarinò di polvere bianca ed Ernst Jünger, dotato di una tempra fuori dal comune (visse 103 anni) passò indenne attraverso i paradisi artificiali. Quanto a Michel Foucault, scoprì l’Lsd nel 1975. C’è da sorprendersi se si presentava a far lezione in minigonna?

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