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Israele fa il primo passo e avvia contatti con Hamas

Gli integralisti all’Occidente: «Niente ricatti sui nostri fondi»

Gian Micalessin

da Gerusalemme

Il tabù è già caduto. Mentre il segretario di stato Condoleezza Rice tuona contro Hamas, mentre il Quartetto diplomatico (Usa, Onu, Ue e Russia) detta le condizioni per continuare ad assistere finanziariamente l'Autorità Palestinese, Israele fa il primo passo e corre a vedere le carte del nemico. Il primo incontro, neppur tanto segreto, tra un gruppo di dirigenti dello Shin Bet, i servizi di sicurezza interni israeliani, e i neo-eletti deputati di Hamas in Cisgiordania si è tenuto lunedì notte. I parlamentari fondamentalisti prelevati dalle loro abitazioni si sono ritrovati in una sala della centrale di polizia di Gerusalemme Est. Ma non si trattava né di un arresto, né di un interrogatorio. Ad attenderli c'era una delegazione dello Shin Bet pronta a chiarire i motivi dell'incontro. Per due ore i deputati fondamentalisti guidati dallo sceicco Mohammed Abu Tir sono stati messi al corrente delle conseguenze di un'eventuale ripresa della violenza. «È stata - ha chiarito un portavoce israeliano - una riunione incentrata sulle questioni di sicurezza nella quale abbiamo spiegato ai dirigenti di Hamas di attenderci che il gruppo non realizzi alcun attentato o azione illegale a Gerusalemme». Questo tipo d'incontri serve solitamente per tastare il terreno e verificare la possibilità di trattative. Contatti simili si sono svolti nei mesi scorsi nelle città della Cisgiordania dove Hamas ha conquistato il controllo dei municipi. Altri colloqui sono in corso nelle carceri dove lo Shin Bet incontra i prigionieri di punta dell'organizzazione fondamentalista. Il principale interlocutore di questi vertici carcerari è lo sceicco Hassan Yussef eletto nella circoscrizione di Ramallah e considerato, assieme ad Abu Tir, il responsabile dell'organizzazione in Cisgiordania.
Mentre prepara il terreno per i futuri rapporti con Israele, Hamas cerca anche di convincere il presidente palestinese Mahmoud Abbas a dar vita ad un governo d'unità nazionale con la partecipazione di Fatah e di un congruo numero di ministri «tecnici». Il gruppo fondamentalista, secondo quanto rivela un quotidiano di Ramallah, è pronto ad accontentarsi di non più di sette ministeri scelti, «tra quelli più a contatto con le masse palestinesi». Un modo come un altro per non interferire con negoziati e trattative internazionali limitandosi ad occupare i ministeri dell'amministrazione locale, degli affari sociali, della sanità, della agricoltura e dei mezzi di comunicazione. Il toto-ministri di Hamas contemplerebbe, secondo il quotidiano, anche due dirigenti dell'organizzazione in esilio. Le vere trattative per la formazione dell'esecutivo restano comunque lontane. Le fasi preliminari sono state avviate da una serie d'incontri svoltisi tra Giordania, Egitto e Siria. Dopo una prima tappa ad Amman dove ha incontrato il sovrano hashemita Abdallah II il presidente palestinese Mahmoud Abbas è corso al Cairo dove oggi discuterà la questione del governo di Hamas con il presidente Hosni Mubarak. Nel frattempo Omar Suleiman capo dei servizi segreti egiziani e uomo di fiducia del presidente per le questioni palestinesi preparava il vertice intrattenendosi a Damasco con Khaleed Meshaal capo dell'ufficio politico di Hamas. Da questi primi contatti prenderà forma il summit tra Meshaal e Abbas previsto non prima della prossima settimana. Significativo in questo contesto anche l'incontro tra Hosni Mubarak e il ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni arrivato al Cairo per sondare con gli egiziani lo stato delle trattative.
Osama Hamdan, un altro dirigente di Hamas di esilio, respinge intanto, definendola un ricatto, la minaccia del Quartetto diplomatico di tagliare i finanziamenti all'Autorità Palestinese se il gruppo fondamentalista continuerà la lotta armata e rifiuterà di riconoscere Israele. Secondo Hamdan l'organizzazione è pronta a trovare risorse alternative per rimpiazzare il miliardo di dollari annui garantiti attualmente da Europa e Stati Uniti.
L'esercito israeliano impegnato nella caccia alle cellule della Jihad Islamica ha, intanto, individuato e ucciso nei pressi di Jenin due militanti di primo piano tra cui Nidal Abu Sadi capo militare dell'organizzazione in Cisgiordania.
Tensione alle stelle anche nell'insediamento illegale di Amona dove le forze di sicurezza israeliana tentano oggi l'evacuazione di nove abitazioni occupate dai coloni.

Ma per portare a termine la missione i seimila soldati e poliziotti dovranno fronteggiare la resistenza organizzata da oltre cinquemila militanti dell'estrema destra.

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