Italia-Cina, un gemellaggio a colpi di note «classiche»

Il mercato della musica classica è sbarcato nel Far East. Nella Cina che, sottochiave per decenni, ora vuole conoscere a tutti i costi, e pende dalle labbra dell’Occidente. L’esito è fatto di numeri a più zeri che fanno di questo Paese la fabbrica del pianeta anche da un punto di vista musicale. Parlano chiaro i milioni di musicisti - professionisti e dilettanti - e le sale che crescono come funghi, accogliendo un pubblico sorprendentemente giovane. E ancora, gli interpreti cinesi che svettano nel mercato internazionale: il caso esemplare del pianista Lang Lang, artista da 50mila euro a concerto. Così, capita che la «classica» boccheggi in Europa e viva una seconda giovinezza nell’Impero del Drago. Proprio verso Oriente ha puntato la rotta il Festival Pianistico Michelangeli di Brescia e Bergamo, che intitola la sua 46esima edizione alla Cina. Da aprile, quando s’avvierà, porterà nelle due città lombarde il meglio che questo Paese sta offrendo. Quindi orchestre, compositori e solisti con blasone, a partire dalle due glorie nazionali: Lang Lang e il compositore Tan Dun. Il cartellone è stato presentato ieri, all'Istituto Italiano di Cultura di Pechino, dal direttore artistico Pier Carlo Orizio, il presidente Andrea Gibellini, e autorità delle città, tra cui sindaco e presidente della Provincia di Bergamo. Il senso e la novità del Festival classe 2009 è quello della stretta collaborazione fra Italia e Cina. Già testata: venerdì, a Pechino, con un concerto della China Broadcasting Symphony Orchestra al National Centre for Performing Arts, l'auditorium numero uno della Cina, l'Uovo di Paul Andrei, tanto per intenderci. La collaborazione è nata anzitutto fra i leggii, perché gli orchestrali d'Oriente, a Pechino e nel corso della tournée ancora in corso (stasera a Shanghai, quindi Canton, Shenzhen, Hong Kong), suonano gomito a gomito con musicisti italiani, anche della Filarmonica scaligera, diretti da Piercarlo Orizio. Il Festival ha la sua stella polare in Tan Dun, artista da Grammy e Oscar («La tigre e il dragone» e «Hero»), da Scala e Met di New York, presente come compositore residente e filo rosso dell'intera programmazione. In breve, solisti e orchestre cinesi eseguiranno, camaleonticamente, musiche d'Occidente e di casa propria. E poiché la Cina, in questa smania di occidentalizzazione, non vuole dimenticarsi, fa conoscere all'Italia il suo pezzo più autentico: la China Broadcasting Chinese Orchestra, cioè il complesso di strumenti e repertorio tradizionali. Al festival si sperimenta, però con un briciolo di cautela. Ecco la serie di appuntamenti dedicati a un autore che è sempre una garanzia: Bach. Per la legge dello scambio, sigla della rassegna, il Festival opera un sano import-export. E mentre aspetta l'avvio d'aprile, esporta ad Oriente il Made in Italy. Il programma della tournée della China Broadcasting è infatti diviso fra Puccini, Rota e Respighi. Una formula che a Pechino s'è rivelata vincente. Il pubblico non è certo campione di puntualità, arriva alla spicciolata. Le maschere hanno un bel da fare a sorvegliare su quei telefoni che, a pochi minuti dall'inizio del concerto, ancora non accennano a spegnersi. Avverti negli spettatori un timore reverenziale nei confronti della musica d'arte d'Occidente: negata a padri e nonni e proprio per questo ora tanto sospirata. Ma loro si sfidano, così riempiono la sala da duemila posti, nonostante un biglietto costi un decimo dello stipendio medio. Assai curiosi del Rota della pianista Enrica Ciccarelli, sono stati intrigati da Respighi. Ma a conquistarli è l'Italia del melodramma, quella del Puccini di note arie (Mario Malagnini il tenore e Silvia Della Benetta il soprano). In platea, fra gli altri, l'ambasciatore italiano Riccardo Sessa e l'ex ministro degli Esteri cinese, ora rettore dell'università di Pechino.

Più Wang Shuwei, General manager del China Broadcasting Performing Arts Group, sorta di industria di produzione musicale, articolata in cinque complessi musicali per un totale di mille dipendenti. Lavora per la tv e radio di Stato, gira la Cina in lungo e in largo. Però ora vuol uscire sempre più. E in Italia inizia dalla Lombardia.

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