In Italia la ricerca vale l'1,3% del Pil

Il volano università. Rasizza: «Anche noi in campo con Badaplus»

Angelo D'Angelo

«Non tutte le risorse migliori sono all'interno di un'organizzazione». Parola di Bill Joy, co-fondatore di Sun Microsystems, uno dei primi manager a comprendere l'importanza dell'open innovation, intesa come modalità per assorbire conoscenze e tecnologie rilevanti dall'esterno. Le tecnologie digitali del futuro influenzeranno l'organizzazione delle competenze e, di conseguenza, il mercato del lavoro, imponendo una sorta di contaminazione tra le figure professionali.

Ma l'Italia come affronta questa nuova sfida? Occorre precisare che gli investimenti in ricerca e sviluppo. nel 2015 valevano l'1,33% del Pil, contro l'1,70% del Regno Unito, il 2,22% della Francia e il 2,93% della Germania. Il nostro Paese, però, è al decimo posto globale per numero di brevetti richiesti nonostante l'investimento pro capite in startup sia di soli 2,7 euro contro i 24 euro della Germania, i 41 euro della Francia e i 49 euro del Regno Unito. Eppure, segnala il ministero dello Sviluppo economico, a fine 2017 erano operative circa 8mila startup, quasi il doppio rispetto a due anni prima. Segno che c'è una profonda evoluzione e interesse per questa forma di fare impresa naturalmente aperta a condividere tramite potenziali partnership i benefici di un'innovazione. Il giro d'affari delle startup italiane vale 2 miliardi di euro. Ora si tratta di compiere un passo in avanti ulteriore verso la open innovatione.

Secondo la ricerca di EY e dell'Università Cattolica di Milano Open Innovation Paper, realizzata con 157 aziende italiane, è emerso che il 40% delle grandi imprese ha attivato processi di innovazione aperta, mentre solo il 12% delle pmi lo ha fatto. Non è un caso che i colossi di Piazza affari siano tutti attivi sul capitolo, a partire da Fca, Eni, Enel e Tim per giungere ai big della finanza come Intesa Sanpaolo, Unicredit e Generali. Tra le diverse modalità di open innovation adottate dalle aziende, prosegue l'indagine, prevalgono i rapporti con le università (35%), lo scouting delle startup (20%), le Call4Ideas (11%) e gli hackathon (9%).

Anche Openjobmetis si è orientata verso il sentiero aperto da questa nuova metodologia.

«Il nostro percorso di open innovation, in collaborazione con Mind the Bridge è proseguito alla fine del mese di aprile con l'acquisto di Badaplus, un'applicazione per tablet e smartphone al servizio delle attività della nostra divisione family care», annuncia l'amministratore delegato di Openjobmetis, Rosario Rasizza, aggiungendo che «la società ha acquisito il software e tutti i relativi diritti esclusivi di utilizzazione economica, la piena ed esclusiva titolarità del nome a dominio, nonché la piena ed esclusiva titolarità dei marchi».

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