Cè una brutta novità nelle solite baruffe autunnali riguardanti scuole e atenei: il bagliore contemporaneo del terrorismo, ancora cartaceo, ma vero, reale, rosso. È un pericolo grave, e lo è tanto più se lo si sottovaluta. Per questo il ministro Roberto Maroni si dice preoccupato. Non è un modo di dire, cè sostanza. Si sta parlando qui dei nessi tra i fatti di ieri - con cortei dappertutto, ma tensioni e scontri provocati ad arte, con particolare cattiveria, a Milano e a Torino - e la ripresa dellidea di «lotta armata» timbrata dalla stella a cinque punte brigatista. Gli scioperi e le manifestazioni degli studenti in Italia sono ciclici, ma più stabili delle stagioni non risentono dei mutamenti del clima. Da metà novembre al 20 dicembre dalle Alpi alla Sicilia si celebrano, insensibili alleffetto serra al punto che andrebbero studiati dagli ambientalisti, i casini di licei, istituti tecnici e università. Ogni pretesto è buono. Vanno di moda gli anni 70, dei quali si ripetono gli slogan. Questa volta oggetto di sdegno è il mancato rispetto del diritto allo studio e la presunta privatizzazione di scuole e atenei. Una privatizzazione che non cè, ma se non cè la si inventa: serve a catturare asini da corteo. Non solo asini purtroppo, perché accanto alla massa, piuttosto inerte, cerano i mestatori. Partiti dai centri sociali, specialmente a Milano, manipoli di «antagonisti» si sono organizzati in commando. Ci sono state incursioni violente negli uffici comunali, non ci sono stati episodi con feriti, per fortuna. Ma cera qualcosa di acre, di cattivo. Non è stato un rito barbarico ma alla fine sotto controllo, con le mosse preventivate come nel wrestling: accadeva così negli anni 90, allorché centri sociali e polizia si accordavano tacitamente per una sorta di mimica senza troppi danni né paure dei passanti. Ieri è stato diverso. Le forze dellordine non si aspettavano un corteo pazzo, e in realtà ben mirato, e colpisce non ci siano state informazioni in grado di percepire quanto stava accadendo. Una brutta storia.
A questi fatti apparentemente veniali va messo accanto il documento inoltrato ad alcuni mass media, tra cui proprio il Giornale, dove in quattro pagine fanno la loro comparsa i Nat (Nuclei Armati Territoriali). Maroni ha rilevato ieri come questi fogli non siano affatto da prendere come acqua di rose scherzosi o velleitari. Sono aperitivo di qualcosa di serio. Il linguaggio e i simboli ricalcano le Brigate rosse in certi passi, come pure il riferimento a due loro «eroi» morti negli anni 70. Ma lanalisi del linguaggio di questi terroristi del Terzo Millennio mostra un distacco dalla sintassi legnosa dei vecchi arnesi marx-leninisti, cè un piglio post-ideologico, una specie di insurrezionalismo elettronico e un vocabolario da blog grillino. Dice Maroni: «Sono segnali seri, che stiamo valutando. Il volantino ha forti analogie con le Br, ma anche differenze importanti, che ci fanno però ritenere che non sia frutto della mente di un matto, ma che ci sia qualcosa da approfondire». Prudenza come si vede. Ma anche per la prima volta il ministro degli Interni non esita a collegare il rigurgito di terrorismo nostrano con quello islamico, come chi scrive ha evidenziato sin dal 2001, dopo i fatti di Genova e dopo che con una fatwa del febbraio 2003 Osama Bin Laden ha raccomandato ai suoi seguaci di allearsi momentaneamente anche con «gli infedeli» nemici però dellAmerica e dei governi ad essa alleati.
Maroni è stato chiaro: «Stiamo seguendo questo fenomeno (1. il sorgere dei Nat), anche in collegamento con altri fenomeni, come certi fermenti dellarea antagonista (2. espressisi ieri a Milano negli scontri dove sono stati fermati quattro manifestanti) e (3) soprattutto leventuale possibile rapporto con il radicalismo islamico. Larea di Milano e della Lombardia è dove si sono radicati i fenomeni di terrorismo, dove si stanno sviluppando sempre di più. A Milano cè stato il primo caso di kamikaze in Italia. Purtroppo si concentrano tutti qui. Lattenzione è massima». Chiaro, che più chiaro non si può. La questione è: perché. Quanto allislam e ad Al Qaida, non cè bisogno di ripeterlo: tutto fa brodo per cuocervi gli infedeli. Ma il risorgere del terrorismo nostrano, in coincidenza con la ripresa di forme di protesta violenta da parte di settori già usi alla guerriglia urbana, va studiato, oltre che combattuto sul campo della repressione. Nasce per due ordini di ragioni. 1) Lattacco alla democrazia in quanto tale in nome della purezza di ideali extra-parlamentari; ed è ciò cui assistiamo da mesi, da anni, ad opera di magistratura, poteri finanziari ed editoriali. La semina di calunnie contro il governo e soprattutto il suo leader fatto passare per dittatore; 2) la perdita di identità democratica dellopposizione, costretta a rincorrere i poteri mediatici, giudiziari e finanziari di cui sopra per non essere scavalcata. Rimedi? Uno è già stato accennato: lavoro repressivo, condito con analisi sulle fucine di questi pensieri. Il secondo è una alleanza senza pateracchi o inciuci tra coloro che credono nella democrazia, nella convivenza pacifica e nella sovranità del popolo. La sinistra e certo centrodestra complottando la smettano di tagliare il ramo su cui tutti siamo seduti. Si rimedi a questo golpe giudiziario con il buon senso, e questo vale anche per le cariche istituzionali. Si prosciughi così lacqua dove gli alligatori sguazzano, siano essi rossi o islamici.
Intanto, con le stesse formule verbali e di pensiero di circa 40 anni fa, si sostiene che il terrorismo sia invenzione del governo. Basta leggere i commenti lasciati sui siti di Corriere.it e di Repubblica.it alla notizia dei volantini dei Nat. Uno scrive: «Evidentemente i nostri governanti sventolano lo spauracchio del terrorismo con lintento di distogliere lattenzione dellopinione pubblica dai problemi veri».
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