Politica

Italia subito federalista con il Sì al referendum

La devoluzione attribuisce alle Regioni la competenza esclusiva su sanità, scuola e polizia amministrativa

Vincenzo Pricolo

da Milano

Se al referendum confermativo di domani e lunedì i «sì» prevarranno sui «no», la devoluzione entrerà in vigore subito, mentre il premierato vedrà la luce nel 2011 e il «taglio» dei parlamentari scatterà non prima del 2016. Questo in estrema sintesi il calendario delle modifiche costituzionali previste dalla riforma varata nella scorsa legislatura.
Federalismo. Il primo capitolo a entrare in vigore sarà quello delle nuove competenze regionali. Si tratta dell’articolo 117 della Costituzione, che regola la ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni. Dal giorno successivo al referendum, le Regioni avranno potestà esclusiva su quattro nuove materie: assistenza sanitaria, organizzazione scolastica, programmi scolastici di interesse regionale, polizia amministrativa regionale. Una iniezione di nuovi poteri, temperata però dalla norma che salvaguarda l’interesse nazionale: il governo potrà bloccare quelle leggi regionali che a suo giudizio vanno contro l’interesse del Paese.
Nuove Regioni. Il 26 giugno si aprirà una «finestra» di cinque anni per costituire nuove Regioni, che dovranno avere almeno un milione di abitanti e non dovranno essere il risultato di accorpamento di Comuni situati in regioni diverse. Tre anni di tempo, invece, per attuare il federalismo fiscale previsto dalla riforma del Titolo V approvata dalle Camere sul finire della tredicesima legislatura.
L’età per il Colle. A entrare subito in vigore ci sono anche altre norme fra le quali quella che prevede l’abbassamento da 50 a 40 anni dell’età necessaria per essere eletto presidente della Repubblica e che diventerà operativa quando sarà necessario scegliere il successore di Giorgio Napolitano.
Senato federale. Dalla prossima legislatura - e quindi nel 2011 salvo scioglimenti anticipati - vedrà la luce il Senato federale. Per la prima elezione, però, resta invariato sia il numero dei senatori (315) sia l’età (sarà ancora necessario aver compiuto 40 anni). Ai senatori saranno affiancati 40 rappresentanti delle Regioni e degli Enti locali, che non hanno però diritto di voto. Sempre nel 2011 entrano in scena i deputati a vita (solo 3 ma sempre di nomina presidenziale).
Superpremier. La novità maggiore della prossima legislatura, però, è quella del premierato. Il capo del governo non si chiamerà più presidente del Consiglio ma primo ministro. Dirigerà l’attività del governo, nominerà e revocherà i componenti del suo governo, ottiene la fiducia solo dalla Camera. Il primo ministro, inoltre, potrà sciogliere le Camere; la sua maggioranza può reagire trovandogli un successore, ma la norma antiribaltone vieta di prendere voti di partiti di altre coalizioni.
Il nuovo Capo dello Stato. Contestualmente perderà alcuni poteri il presidente della Repubblica, che nella riforma non autorizza più la presentazione dei disegni di legge e non può decidere di sciogliere le Camere.
Camere e Corte. Entrano in vigore, poi, le nuove regole per l’approvazione delle leggi con il superamento dell’attuale bicameralismo perfetto. Si abbassa a 21 anni l’età per essere eletti deputati. Nella Corte costituzionale aumenta di due unità il numero dei membri di nomina politica. Quattro saranno nominati dal presidente della Repubblica, quattro dalla magistratura, tre dalla Camera e quattro dal Senato federale. Infine scatta l’obbligo del referendum confermativo per le modifiche alla Costituzione (oggi è previsto solo se le modifiche vengono approvate a maggioranza semplice).
Taglio dei parlamentari. Dopo altri cinque anni dalla scadenza della prissima legislatura (quindi nel 2016, salvo scioglimenti anticipati), sarà operativa la riduzione del numero dei parlamentari. Secondo la riforma, saranno 175 in meno: la Camera passa da 630 a 500 e il Senato da 315 a 252. L’età per essere eletti al Senato passa da 40 a 25 anni.
Il voto all’estero. Ieri il ministero dell’Interno ha comunicato il dato sui votanti fra gli italiani residenti all’estero, le cui schede dovevano pervenire agli uffici consolari entro le 16 ora locale di giovedì.

Ha votato il 27,07% contro il 24,96% che prese parte l’anno scorso ai referendum abrogativi sulla fecondazione assistita.

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