Italia al top dei costi per le imprese

Con la svalutazione del dollaro è sempre più conveniente avviare attività produttive negli Stati Uniti, in un contesto che vede costi d’impresa meno convenienti in Europa e l’Italia tra i Paesi industrializzati più «cari». È quanto rivela lo studio annuale curato da Kpmg («Competitives Alternatives 2008») passando in rassegna i costi d’impresa di 10 Paesi tra i più industrializzati (gli aderenti al G7 più Messico, Australia e Olanda). L’indagine, sviluppata su un campione di 136 città, considera un paniere di 27 fattori (tra cui costo del lavoro, livello della tassazione, costo delle facilities e dei servizi di pubblica utilità) e sottolinea come «per la prima volta da quando viene pubblicato lo studio» grazie al mini-dollaro gli Stati Uniti hanno costi d’impresa più bassi rispetto all’Europa più industrializzata. Da notare nella classifica che l’Italia, dopo Germania e Giappone, è tra i Paesi a costi di business più elevati ed è numero otto, in peggioramento dal precedente quinto posto nella graduatoria generale. Secondo in questo solo al Giappone, il Bel Paese ha la tassazione più elevata sui redditi d’impresa - pressione fiscale effettiva media intorno al 42,9% per le attività manifatturiere - e in generale, oltre all’apprezzamento dell’euro, sconta sul costo del lavoro contributi previdenziali e assistenziali importanti. L’Italia è, invece, tra i Paesi più convenienti sul fronte dei costi per acquistare terreni e per l’affitto di uffici.

In Europa è la Francia ad avere la struttura di costi più competitiva, mentre il Regno Unito beneficia dell’apprezzamento dell’euro nei confronti della sterlina. Quanto alle singole città, la più conveniente per fare impresa è la francese Tolosa, seguita dall’olandese Utrecht. All’opposto Londra è la sede più costosa in assoluto, seguita da Francoforte.

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