Caro F. S.,
prima di dirle, motivando, che le sue osservazioni mi sembrano sensate, debbo muoverle un appunto. Perché le sigle, e non la firma intera, in calce a uno scritto che non viola nessuna norma legale e nessuna regola di buona educazione? Il suo piccolo esempio mi serve da spunto per sottolineare, unennesima volta, che nella vita italiana esistono due diverse verità. Luna, la verità vera, la riserbiamo ai discorsi di casa o di bar. Laltra, la verità ufficiale - non vera - la teniamo in serbo per le occasioni solenni. Durante le quali la retorica e il politicamente corretto la fanno da padroni. Tra i muri domestici o in un gruppo di amici tutti ammettono che certe nostre leggi - quella ad esempio che impone ai motociclisti di indossare il casco - valgono solo fino a Roma e più a sud nessuno se ne cura; o che, appunto, la piaga della disoccupazione è grave ma si accompagna al rifiuto italiano di determinati lavori, considerati sgradevoli o degradanti e per questo lasciati agli immigrati. Ma se vi provate a esprimere gli stessi concetti in una sede istituzionale sarete sùbito rimbeccati dal meridionalista o dal sindacalista di turno. Veniamo al dunque. Non dispongo dun dossier a sostegno delle mie - e sue - tesi. Ma il «Giornale» ha indicato i posti disponibili; e lesperienza quotidiana non lascia dubbi sul fatto che di determinate occupazioni - si pensi alle badanti o ai mungitori o ai collaboratori domestici - non solo litaliano, ma in generale labitante della vecchia Europa, non ne vuole più sapere. È un fenomeno sociale di tali dimensioni che - a mio avviso - conviene accettarlo anziché tentare di contrastarlo. Certi sogni leghisti di italiani che, quando fosse bloccata completamente limmigrazione extracomunitaria, si precipiterebbero a raccogliere pomodori o a imbarcarsi sui pescherecci di Mazara del Vallo sono futili. Gli incitamenti contano poco, conta poco perfino linteresse economico. Un buon idraulico o elettricista guadagna molto più dun mediocre maneggiatore di scartoffie, ma tanti ragazzi anelano alla scrivania più modesta, non alla tuta più richiesta. Non credo che gli italiani siano pigri. Se motivati fanno faville. Ma è diventato difficile motivarli. Siamo assordati dai lamenti dei precari e capisco benissimo i disagi e anche le pene di chi non ha il posto fisso.
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