Politica

Gli italiani difendano le figlie dei musulmani, o saranno complici

Un’altra ragazzina pachistana picchiata dal padre perché troppo bella. Invece di denunciarlo, gli assistenti sociali cercano di "mediare". Ma se davanti alla violenza non interviene la giustizia, il Paese rischia di inchinarsi alla "sharia"

Gli italiani difendano  
le figlie dei musulmani, 
o saranno complici

Lo sanno gli italiani che di fatto sono assoggettati alla sharia , la legge coranica, ogni qual volta ci scontriamo con le posizioni intransigenti degli islamici? Che sia­mo proprio noi a rassegnarci facendo primeggiare la sharia sulle nostre leggi, a discapito del rispet­to dei diritti fondamentali della persona, perché sostanzialmente siamo ingenui, ignoranti, pavi­di e persino ideologicamente col­lusi? Che siamo proprio noi a sce­gliere di sottometterci a un’ideo­logia disumana che viola i valori non negoziabili che sono il fonda­m­ento della nostra comune uma­nità (la sacralità della vita, la di­gnità della persona, la libertà di scelta) perché essenzialmente noi abbiamo paura di loro?

L’ennesima conferma ci giunge dal più recente caso di violenza domestica consumatosi a Parma. Que­sti i protagonisti di una storia che ormai è un copione che si ripresenta con epiloghi tal­volta tragici in varie parti d'Italia. Una ragazzina mu­sulmana pachistana di tredi­ci anni «colpevole» di essere troppo bella, di essere dotata di un fisico che attrae gli istin­ti sensuali dei suoi coetanei. Un padre-padrone-padreter­no che crede nel primato as­soluto del Corano e della sha­ria che non ha esitato a pic­chiare selvaggiamente la fi­glioletta fino a lasciarle i lividi sulla pelle, dopo aver sentito dei ragazzini rivolgerle degli apprezzamenti. Le autorità scolastiche che decidono di non denunciare le violenze corporali alle forze dell'ordi­ne per paura che la famiglia possa vendicarsi rispedendo in quattro e quattr’otto la figlioletta in Pakistan come se si trattasse di un pacco posta­le. Preferiscono piuttosto, in­sieme alle istituzioni della co­siddetta società civile, sinda­cati e associazioni di volonta­riato attive nella sedicente mediazione linguistico-cul­turale, avviare dei colloqui con i genitori finalizzati al per­seguimento del compromes­so «costi quel che costi», non importa se il padre ha com­messo violenze sulla figlia e se la madre è tacitamente compiacente; l’importante è rabbonirli, tranquillizzarli, rassicurarli: la vostra bambi­na non è una sgualdrina an­che se madre natura l’ha fatta particolarmente bella, vi supplichiamo di non punirla per le attenzioni rivoltele da coe­tan­ei che rispondono agli im­pulsi propri della nostra uma­nità, consentitele di conti­nuare a frequentare la scuola in Italia e non cacciatela in un Paese che ormai non le appar­tiene più, dove lei non si senti­rebbe se stessa. Ed è così che gli adulti stipulano il compro­messo sulla pelle della ragaz­zina: noi adulti italiani non li denunciamo per aver commesso un reato picchiando selvaggiamente la figlioletta innocente; loro adulti islami­ci accolgono la nostra suppli­ca acconsentendo alla figlio­letta di restare in Italia.

Chi ha vinto? Loro, senza ombra di dubbio. Sono riusci­ti a imporci il fatto che la sha­ria è fonte legittimante del lo­ro comportamento e che la sua applicazione in Italia è va­lida e non è sanzionabile. Che fine ha fatto la nostra Co­stituzione che recita che «la legge è uguale per tutti»? Che fine ha fatto il nostro Stato che garantisce la certezza del diritto e la certezza della pe­na? Se consideriamo un se­condo recentissimo caso che riguarda una diciannovenne musulmana, anche lei pachi­stana residente a Brescia, ri­soltosi «positivamente» il 16 aprile con un incontro in Que­stura tra i familiari di lei, il console del Pakistan e le no­stre autorità di pubblica sicu­rezza, emerge come l’ordine perentorio che ispira il com­portamento di chi è preposto a garantire l’ordine sul territo­rio nazionale è «calmare le ac­que a tutti i costi», fare in mo­do che «qui e ora» tutto appa­ia a posto, che nessuna voce sia eccessivamente al di so­pra del consentito. Non im­porta se tutto ciò si traduce nel nascondere i cadaveri nel­­l’armadio: quelle ragazzine sottratte alla protezione del primato della nostra legge e consegnate all’arbitrio della sharia qui a casa nostra, fini­scono per diventare di fatto delle morte viventi, la loro esecuzione capitale nel no­me di Allah è stata solo sospe­sa.

E il nostro governo? E il no­stro Parlamento? E il nostro capo di Stato? E i nostri magi­strati? Lo sanno che in Italia è da vent’anni che la sharia si impone ai cittadini italiani che si innamorano di una musulmana e che per poter­la sposare sono obbligati a convertirsi all’islam? Lo san­no che queste conversioni forzate, anche se di comodo, sono dettate dalla nostra stes­sa legge che ingiungendo al­la donna straniera di avere il nulla osta da parte delle sue autorità diplomatiche, que­ste ultime non acconsento­no fintantoché lei non esibi­sce il certificato di conversio­ne all’islam dell’aspirante marito? C’è una proposta di legge approvata solo dalla Camera dei deputati che do­vrebbe porre fine a questo or­rore, ma attende l’approva­zione del Senato. Sbrigatevi cari parlamentari, affran­chiamoci dalla sharia al più presto prima che ci ritrovere­mo tutti costretti a prostrarci nelle pubbliche piazze al lo­ro Allah! Sono almeno 10mi­la gli italiani che sono stati co­­stretti a convertirsi all’islam per ragioni matrimoniali e so­no proprio loro a testimonia­re la nostra sottomissione al­la sharia .

Caro ministro Maroni, lei è un politico perbene e saggio. Prenda atto che il tema del­l’integrazione non può esse­re gestito dalle forze dell’ordi­ne, la cui unica preoccupa­zione è prevenire che sul ter­ritorio qualcuno metta le bombe o comunque com­metta dei reati. Prenda atto che oggi in Italia non esiste una strategia d’integrazione semplicemente perché non esiste un processo che si fon­di sulla consapevolezza, sul­la certezza e sull’orgoglio di chi siamo, sulla fede nei no­stri valori non negoziabili, sulla certezza delle nostre re­gole che si sostanziano di di­ritti e di doveri.

Se continue­remo ad affidare ai poliziotti la questione cruciale del no­stro modello di convivenza in un mondo sempre più glo­balizzato e dove noi siamo sempre più fragili perché ci vergogniamo delle nostre ra­dici e tradiamo la nostra identità cristiana, faremo la fine delle ragazze pachistane: sa­remo anche noi dei morti vi­venti in attesa del colpo di grazia.

Commenti