Gli italiani non erano un bersaglio
24 Luglio 2005 - 00:00«Se nel mirino ci fosse stato davvero il nostro Paese, cerano alberghi e villaggi dove i connazionali sono più numerosi»
Gian Marco Chiocci
da Roma
Occidente e Paesi arabi moderati. Due obiettivi al prezzo di ununica strategia disegnata dagli architetti del terrore assoldati da Al Qaida. Londra e Sharm el-Sheik sono realtà distanti allapparenza ma rappresentano la sintesi perfetta di ciò che la rete di Bin Laden punta a demolire in questescalation di attentati: città multietniche occidentali o occidentalizzate, dove le realtà culturali e religiose più lontane convivono in pace, democraticamente, sotto lo stesso cielo e con le stesse regole.
Chi ha spedito i kamikaze nel suk e negli alberghi dei turisti - spiegano al Sismi - punta a disarticolare le fondamenta di quei Paesi arabi non ostili allinvasione della coalizione in Irak, alle prese con una forte opposizione radicale interna, fautori di comuni iniziative repressive contro il terrorismo. «Non si tratta di coincidenze, ma di messaggi espliciti, simbolici», osserva un analista di Forte Braschi. Si colpisce in concomitanza con la celebrazione del cinquantatreesimo anniversario della Rivoluzione del 1952. Si sceglie il giorno in cui il presidente egiziano Mubarak annuncia il rinnovo della sua candidatura. Si prende di mira il luogo più affollato e più vicino possibile alla sua residenza estiva (lhotel Moevenpick). Si punisce il Paese dei trattati di pace. Come a Luxor nel 1999, si distrugge leconomia, e limmagine, di chi vive essenzialmente di turismo.
«Ma soprattutto - continua lo 007 - forse grazie alla connivenza di bande di beduini le cellule egiziane sono riuscite a dimostrare al mondo quanto fossero inutili le misure di prevenzione adottate dal governo intorno agli alberghi allindomani delle esplosioni di Taba e Ras Shitan del 7 ottobre 2004. È stata lennesima prova di forza, un po come il bis concesso nella metropolitana di Londra...». Quanto allItalia, «se davvero avessero voluto far del male ai nostri connazionali avrebbero agito in maniera differente individuando alberghi e villaggi dove la presenza italiana è notoriamente più numerosa».
Ma dove Al Qaida ha voluto giocarsi tutto è stato sulla città che nel novembre scorso ospitò il summit internazionale contro il terrorismo con 20 ministri (fra cui i rappresentanti dei Paesi del G8) per dibattere sul futuro dellIrak, giungendo a concludere con un plauso «ai passi compiuti per stabilire la democrazia» e un incoraggiamento al governo ad interim «a continuare il processo politico organizzando elezioni generali». A pochi giorni dallapertura di quel summit tre familiari del premier Allawi furono sequestrati in Irak e il gruppo dei «Fratelli Musulmani» urlò il suo disappunto parlando di evento grave che avrebbe «dato legittimità alloccupazione americana» in Irak e che porterà «catastrofi e tragedie».
Dopo la conferenza di Sharm - continua la fonte dellintelligence - il giornale arabo-londinese Al Quds al-Arabi cominciò ad analizzare le critiche a Mubarak, segnalando il commento di un importante esponente del partito nasseriano, che si chiedeva come si potesse «coniugare la convocazione di un summit sontuoso e imponente con i massacri che in questo momento hanno luogo a Falluja, Ramadi, Mosul, Samarra, Baquba e Bagdad». Dalle colonne di Al-Usbu e di altri fogli arabi seguirono interventi a tema, critici contro liniziativa di Sharm el-Sheik ma con lobiettivo implicito di mettere in difficoltà Mubarak, che in settembre corre per il quinto mandato presidenziale. «Non è escluso che anche per il presidente egiziano le filiere di Bin Laden possano aver pensato a un crescendo di attentati per provocare un effetto-Zapatero, che poi è lo stesso temuto per lItalia in occasione delle elezioni della prossima primavera».
Una carta che Al Qaida potrà giocarsi ancora, approfittando di un contesto nel quale - secondo un rapporto della Cia - una buona fetta delle forze armate e di polizia egiziane simpatizzerebbe per lei.
Per questi ordini di fattori, che si ricollegano al proclama di Bin Laden nel 2002 verso qualsiasi Paese arabo appoggiasse lOccidente nella sua crociata contro i Paesi musulmani, la rivendicazione delle brigate «egiziane» Abdallah Azzam (dal nome del padre spirituale di Osama, il palestinese residente a Peswar in Pakistan, ideatore della jihad internazionale e dei gruppi di mujaheddin contro i russi) viene presa maledettamente sul serio.
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