
I luoghi comuni sono fatti per essere sfatati. Ad esempio quello che la musica italiana all'estero non funzioni. Secondo Loud&Clear, ossia il rapporto annuale di Spotify, circa il 50 per cento di tutte le royalty (i diritti d'autore - ndr) generate da artisti italiani su Spotify nel 2024 arriva da ascoltatori che sono fuori dall'Italia. Di più. Crescono all'estero anche le playlist (cioè le raccolte personalizzate di brani che si creano e si condividono con altri utenti di Spotify) nelle quali c'è musica italiana.
Per essere precisi, negli Stati Uniti le playlist con brani italiani sono oltre 130 milioni, più di quelle create in Italia, e questo la dice lunga anche al netto della evidente disparità di popolazione. Sono dati che, come ogni dato, possono essere interpretati in tutti i modi. Resta il fatto che non è soltanto merito delle comunità di origini italiane che sono numerosissime in molti paesi del mondo. C'entra anche l'obiettivo innalzamento della qualità produttiva e degli arrangiamenti (quando ci sono) della musica di casa nostra che negli ultimi tre lustri si è allineata agli standard internazionali. Che poi sia migliorata anche la qualità dei testi e degli interpreti è un altro discorso. Però si sta sgretolando l'antico luogo comune che l'Italia sia musicalmente isolata e inesportabile. Senza dubbio il merito è anche dello streaming e della conseguente rottura delle barriere e dei confini: almeno nella musica c'è libertà totale a prescindere dalla provenienza.
«Non importa se sei un artista italiano o inglese o americano: oggi hai la possibilità di raggiungere letteralmente tutto il mondo, ed è una possibilità speciale, che non tutti gli artisti prima di noi hanno avuto», ha detto Damiano David, il cui debutto da solista Funny Little Fears si è subito piazzato al nono posto nella Top Album Debuts Usa di Spotify. Al netto di qualsiasi opinione su Spotify, sullo streaming e sulla nascita di ogni tipo di classifica, è obiettivamente vero. «La missione di Spotify è di liberare il potenziale della creatività umana consentendo a un numero sempre maggiore di artisti di condividere la propria arte con miliardi di fan», ha spiegato Federica Tremolada, general manager per l'Europa di Spotify.
E che il sistema Italia abbia buoni riscontri almeno sotto il profilo musicale si capisce anche da altri dati di Loud&Clear. Ad esempio che la nostra lingua è entrata a far parte dei «G8 del pop mondiale», ossia degli otto idiomi che fatturano oltre milioni di dollari nello streaming, anche grazie al fatto che nel 2024 i ricavi globali generati dalla musica cantata in italiano sono aumentati del 23 per cento rispetto all'anno precedente. In ogni caso, un segnale da non sottovalutare. Come non è secondario che, sempre nel 2024, circa il 40 per cento di tutte le royalty generate su Spotify sono di artisti o etichette indipendenti. Nel complesso, le royalty generate dagli italiani nel 2024 sono triplicate rispetto al 2019, crescendo del 20% solo negli ultimi dodici mesi avvicinandosi ai 150milioni di euro.
Fin qui i dati secchi.
Ma quali sono gli artisti italiani più ascoltati all'estero? Anche qui qualche sorpresa. Ad esempio c'è Antonio Vivaldi, ebbene sì, e c'è pure Ludovico Einaudi che non è certamente una popstar glamour. Più prevedibile la presenza di Meduza, Gabry Ponte, Måneskin, Gigi D'Agostino, Laura Pausini, Eros Ramazzotti e Andrea Bocelli.
Un po' meno, ma molto gradita, quella di Raffaella Carrà che conferma di avere un repertorio senza tempo, senza latitudine, senza anagrafe. A conferma che, se hai qualcosa da dire e lo fai bene, non c'è data di scadenza.
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