Gli italiani: quei piani atomici un pericolo per il Medio Oriente

Ma sull’ipotesi di un attacco preventivo la maggioranza degli intervistati è indecisa

Matteo Sacchi

da Milano

Dura ormai da quattro mesi la crisi che contrappone l’Iran, desideroso di sviluppare il suo programma nucleare, e il fronte dell’Onu, guidato dagli Stati Uniti, che vuole da Teheran l’impegno a non arricchire l’uranio se non sotto controllo dell’Agenzia atomica internazionale: questo per evitare che gli ayatollah possano dotarsi della bomba. Un braccio di ferro politico, con risvolti militari, che condiziona pesantemente la politica medio-orientale e che è indicato, dalla maggior parte degli analisti, come una delle cause dell’attuale conflitto in Libano.
Ma gli italiani di questa situazione, che rischia di far deflagrare nuovamente la polveriera del Golfo Persico cosa ne pensano?
Il Giornale ha cercato di scoprirlo con un sondaggio commissionato alla Ferrari Nasi & Grisantelli, una società di ricerche di mercato di Milano.
La prima domanda posta agli intervistati è stata: «Se l’Iran acquisisce la tecnologia atomica militare, può essere un concreto pericolo per la stabilità della zona?». Il 78% si è detto d’accordo con l’idea che in quel caso la Repubblica islamica e il suo presidente Mahmoud Ahmadinejad potrebbero essere pericolosi per la pace. Soltanto un 14,9% degli intervistati non si sente preoccupato dall’eventualità che il «nucleare civile» degli ayatollah si riveli essere il paravento di una più pericolosa rincorsa all’atomica.
Una risposta che si spiega con quello che gli italiani pensano dei reali motivi che spingono l’Iran a non abbandonare i suoi piani di arricchimento dell’uranio. All’affermazione: «L’Iran dice che ha bisogno del nucleare civile per questioni di produzione energetica, io credo che sia solo una scusa per poi arrivare all’atomica militare», il 68,2% degli intervistati si è detto d’accordo, mentre solo il 18,7% si fida delle dichiarazioni rassicuranti che arrivano da Teheran.
Quando poi si chiede se sia più opportuno bombardare i siti nucleari iraniani, per non consentire a Teheran di costruire la bomba, o se sia meglio accettare che la Repubblica islamica diventi una potenza atomica, la maggior parte degli intervistati esita. Il 57% del campione risponde: «Non so». Il 22,6% ritiene invece necessaria la linea dura, quella dell’attacco aereo. Il 20,4 si rassegna all’eventualità che Teheran disponga dell’atomica.


Un atteggiamento che si riscontra negli elettori di entrambi gli schieramenti politici. Nella Cdl però il 30,3% preferirebbe la linea dura. Nell’Ulivo solo il 20,3%. Una differenza influenzata dal dato della sinistra radicale che, al 45,8%, è disposta in nome della pace a tollerare il militarismo altrui.

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