Roma - Basta con il cliché degli italiani all’estero che li vorrebbe mediamente anziani, nostalgici del Belpaese al punto da sognare il definitivo ritorno, impegnati anima e corpo nelle associazioni battenti bandiera tricolore, gelosi custodi e cultori del patrio idioma al punto da esprimersi malvolentieri nella lingua della nazione in cui risiedono: pur mantenendo i legami con l’Italia, infatti, i nostri connazionali all’estero hanno radici sempre più profonde nei Paesi dove sono emigrati.
È quanto emerge dalla quarta edizione del rapporto sugli italiani nel mondo preparato dalla Fondazione Migrantes della Cei e pubblicato dalle edizioni Idos, presentato ieri mattina a Roma. Sono quasi quattro milioni i nostri connazionali all’estero, almeno sessanta milioni gli oriundi e ancora di più quelli che fanno riferimento in qualche modo all’Italia. Per l’esattezza, gli italiani residenti all’estero sono 3.734.428, un numero quasi identico a quello dei cittadini stranieri residenti in Italia (3.891.295). Nel rapporto si legge che appena poco più della metà degli italiani all’estero (59 per cento) è effettivamente emigrata dal nostro Paese. Più di un terzo, invece, è nato fuori dai confini del Belpaese (34 per cento).
Il numero degli italiani nel mondo non è in diminuzione ma in crescita, sia per la partenza di nuove persone dall’Italia sia soprattutto per la crescita interna - figli di italiani o persone che acquistano la cittadinanza per discendenza italiana. Le donne sono il 47,6 per cento (1.864.120). Mentre la ripartizione continentale conferma una prevalenza euro-americana: in Europa vive il 55,8 per cento degli italiani all’estero (2.184.534), in America il 38,8 per cento (1.520.652), in Oceania il 3,2 per cento (126.413), in Africa l’1,3 per cento (51,232), in Asia lo 0,8 per cento (32.936). I nostri connazionali residenti all’estero incidono sul totale della popolazione italiana per il 6,6 per cento. Solo poco più della metà di loro (57 per cento) è emigrata dall’Italia spostandosi nei Paesi dove poi ha deciso di stabilirsi definitivamente; più di un terzo (36 per cento), invece, è nato fuori dal Belpaese.
Oltre la metà degli italiani all’estero (54 per cento) è di origine meridionale, il 30,1 per cento proviene dalle regioni settentrionali, mentre il 15 per cento è originario delle regioni centrali. I connazionali all’estero, di solito sono riusciti a migliorare la loro situazione: hanno la casa di proprietà e non pochi una seconda casa in Italia, trascorrono parte delle vacanze in Italia, rimangono religiosi anche se poco a poco tendono a frequentare la chiesa locale più della missione cattolica italiana. Mentre continua a essere comunque consistente l’impegno della Chiesa italiana all’estero, con 400 centri pastorali e cinquecento tra sacerdoti e religiose che li animano.
Dal rapporto della fondazione Migrantes emerge come la lunga permanenza all’estero ha reso sempre più profonde le radici degli emigrati nei loro nuovi Paesi: ormai sono una minoranza quelli che inviano in Italia parte dei loro risparmi, quelli che intendono tornare per sempre nel loro Paese d’origine, quelli che seguono prevalentemente l’associazionismo italiano, quelli che preferiscono parlare solo italiano. Ciò non significa dimenticare le proprie origini: gli italiani all’estero continuano a seguire le vicende del nostro Paese, guardano i programmi Rai, sentono l’Italia vicina ma mai in misura uniforme e totalizzante. Continuano dunque a essere un prolungamento della realtà italiana, ma in modo diverso rispetto al passato. Una diversità e una maturazione della quale spesso non ci si rende conto.
«Descrivere semplicemente l’emigrazione – spiega monsignor Piergiorgio Saviola, direttore della Fondazione Migrantes - è tutt’altro che un compito banale, perché questa realtà sfugge per lo più al gran pubblico, non solo per quanto riguarda il passato ma anche relativamente al presente e al futuro: tra gli stessi addetti ai lavori si riscontrano incertezze quando si tratta di inquadrare cosa significhi il concetto di “italianità” nel mondo e il fatto di essere italiani (tanto più se nati all’estero) in altri Paesi».
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