Riccardo Villari il partenopeo, concittadino suo e di Gaetano Quagliariello. Che coincidenza! Ma davvero non c’entra nulla in questa burrascosa vicenda il tifo in comune per Lavezzi, Hamsik, Cannavaro...?
(Italo Bocchino, vicepresidente vicario del Pdl a Montecitorio, sorride)
«Chissà. In effetti, il senatore del Partito democratico è pure presidente del Napoli club Parlamento... Ma no, no, non quadra...».
Perché?
«Be’, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri sono di fede romanista. E anche se un po’ mortificati per la classifica della loro squadra in campionato, non avrebbero mai accettato di fargli guidare la Vigilanza Rai, vista la differente passione calcistica...».
Già, e poi ci sarebbero pure Roberto Cota e Federico Bricolo...
«Esatto. Scherzi a parte, la decisione è stata presa in piena condivisione dai responsabili dei gruppi parlamentari di Pdl e Lega, sia alla Camera che al Senato».
Presidente Bocchino, il solito maligno assicura però che lei abbia fatto un po’ da regista in quella che definisce Nuova operazione San Gennaro...
«No, non è così, abbiamo scelto tutti e sei insieme».
Da quanto tempo puntavate su Villari?
«Il suo nome circolava da giorni, ma la verità è che abbiamo sciolto il nodo dieci minuti prima della votazione. E soltanto in quel momento è arrivata l’indicazione di Gasparri ai consiglieri della maggioranza».
Sarà, però lei lo conosce bene da tempo.
«La nostra amicizia è nota e spesso ci sentiamo per commentare le partite della nostra squadra. Ma ripeto, il nome ha avuto il via libera di tutti».
Perché proprio lui?
«Perché cercavamo un parlamentare che garantisse un equilibrio politico, alla luce anche della sua storia personale. Ma sia chiara una cosa».
Dica pure...
«Non c’è stato alcun inciucio, nessuna trattativa politica è stata portata avanti. E non ci sarà trasformismo, né cambio di casacca».
Quindi garantisce che Villari non passerà mai nel Popolo della libertà?
«Assolutamente, non avverrà mai. Per capirci, è come se diventasse tifoso del Milan. Fantascienza».
Sarà...
«È così. La nostra è stata una decisione unilaterale e trasparente, a cui siamo giunti dopo aver constatato che l’opposizione, nonostante i nostri inviti, non ci ha fornito la rosa di nomi che avevamo richiesto».
Impossibile convergere su Leoluca Orlando?
«Impossibile, ma non certo per un veto a priori nei confronti dell’Italia dei valori. Non sarebbe corretto, e lo dice uno che, insieme a tutta An, ne ha subiti tanti negli anni».
E allora?
«Il no assoluto è giunto dopo la sua intervista in cui associava al governo Berlusconi un modello di autoritarismo argentino».
Intanto, però, avete ingarbugliato le carte a Walter Veltroni. E il Pd adesso è costretto a chiedere al proprio rappresentante di dimettersi dalla carica, pena magari la cacciata dal partito.
«Veltroni ha fatto tutto da solo. E adesso deve fare autocritica, a causa di una sbagliata strategia di arroccamento, seguita per assecondare un capriccio di Di Pietro. È lui che, invece della responsabilità istituzionale, continua a scegliere l’interesse partitocratico, con l’intento di mantenere lo stallo per continuare a governare indisturbato la Rai. È lui che, invece di chiedere le dimissioni di Villari, dovrebbe interrogarsi su ciò che sta avvenendo dentro il Pd».
Cioè?
«Semplice. Oltre a una scheda bianca, vi sono stati 2 voti a favore del democratico espressi dall’opposizione. Insomma, finora Veltroni ha reagito con la pancia a un cazzotto preso in faccia, ma dovrebbe riflettere di più. Quindi, non imponga diktat e apprezzi il ragionamento di Villari, ineccepibile».
Ma in definitiva, se si dimettesse?
«Eleggeremmo subito un altro esponente dell’opposizione. E, se necessario, lo faremmo per una terza volta. Dopodiché, nomineremmo invece presidente della Vigilanza Rai un consigliere della maggioranza».
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