Più che al Giro dell’Unità d’Italia, Ivan Basso pensa ad unire gli italiani al Tour de France. «Quello è l’obiettivo, sportivo e non solo. Cerco la grande vittoria, quella che darebbe senso a tutta la mia carriera. La vittoria alla Grande Boucle la sogno fin da quando ero ragazzino e m’immaginavo di diventare un giorno come Miguel Indurain, il mio idolo, la mia icona, il mio archetipo di corridore gentiluomo. Del navarro conservo ancora un autografo con dedica, di lui ho tenuto per anni il poster nella mia cameretta di corridore adolescente. Oggi riparto con due Giri d’Italia nel cassetto, due podi al Tour de France (secondo e terzo), qualche bella vittoria e una brutta storia di doping che mi ha segnato e cambiato. Ma intatto è rimasto il mio desiderio: quello di arrivare a vincere un giorno la corsa più importante del mondo: il Tour de France».
Sa però che ci sono tanti sportivi che avrebbero voluto vederla sulle strade del Giro con il numero uno sulla schiena.
«Ma non è detta l’ultima parola: prima facciamo una buona primavera, vediamo come arrivo alla Liegi-Bastogne-Liegi, altra grande classica sulla quale ho puntato gli occhi, poi tiriamo le somme. Ma è anche vero che il Giro non è solo una questione di Basso, ma anche di Nibali, un ragazzo che è cresciuto tanto e merita fiducia e rispetto. Un anno fa fu fantastico e fondamentale per la conquista del mio secondo Giro, quest’anno merita di avere una squadra tutta a sua disposizione e la possibilità di giocarsi le proprie carte».
Le prime pedalate di stagione in Argentina, dopo aver festeggiato l’arrivo di Levante, il terzogenito della famiglia Basso. Una settimana fa il primo successo stagionale, a Lugano.
«Io non vinco tantissimo, e soprattutto era dal 2001 (tappa al Giro del Mediterraneo, ndr) che non vincevo così presto. Fa sempre piacere, perché fa morale, dà sicurezza. Sto bene, soprattutto a livello mentale. Ho trascorso un buonissimo inverno, tra casa e oratori, dove ho incontrato tanti ragazzini da avvicinare al ciclismo».
Ora però con la Tirreno-Adriatico che scatterà mercoledì con la cronosquadre di Marina di Carrara si comincia a fare sul serio.
«Sarà un banco di prova. Il percorso mi piace, anche se forse manca un vero arrivo in salita. In compenso ci sono due tappe da 240 km...».
Dopo la Tirreno il Giro della Catalogna, dove incontrerà Alberto Contador, vincitore ieri della Vuelta a Murcia.
«Alberto sta andando davvero forte, ma io non vedo l’ora di misurarmi con lui. E’ vero, al Tour dello scorso anno tra noi due non ci fu partita, ma io arrivai in Francia stanco dopo la conquista del Giro. Quest’anno spero sia tutta un'altra storia e al Catalogna spero di capirlo».
Lo incontrerà al Catalogna ma non è detto che lo debba affrontare al Tour...
«Verissimo, Alberto è ancora al centro della vicenda doping legata alla sua positività al clenbuterolo. Il primo round l’ha vinto, la federazione spagnola gli ha dato ragione. Ora bisognerà vedere se l’Uci deciderà di fare appello al Tas. Una cosa è certa: Alberto correrà il Giro e sarà una gatta da pelare per tutti, quindi anche per Nibali. Poi se sarà al via del Tour, io sarò il primo ad esserne felice: ho sempre amato le grandi sfide con grandi corridori».
Dica la verità: lei preferirebbe vedersela solo con Andy Schleck, Evans, Kreuziger, ma non con uno come Contador...
«E’ chiaro che Alberto è un fuoriclasse, e quando scatta fa male come pochi altri, ma io sono convinto che se arrivo al Tour con la condizione che dico io, me la gioco. E se sarò in grado di battere uno come Contador la soddisfazione sarà tripla».
Micaela, sua moglie, dice che sta pensando al Tour de France da luglio dell’anno scorso: è vero?
«E’ un esercizio mentale, una sorta di training autogeno. Tutto quello che si fa, che si mangia, che si pensa, che si sogna è in funzione del Tour».
E Ivan cosa sogna?
«Una bella estate calda, carica di entusiasmo e colori: soprattutto il giallo. Sogno le spiagge con i televisori accessi in pieno pomeriggio, e tanti appassionati lì a seguire le tappe decisive del Tour.
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