ParigiIcona della Nouvelle Vague, eroe per eccellenza di film dazione, spesso di co-produzione franco-italiana, Jean-Paul Belmondo, detto Bebel, ha frequentato tutti i generi in mezzo secolo di carriera, girando coi maggiori registi: Carné, Godard, Truffaut, Chabrol, Malle... Non recitava dal 2001, ma dal 14 gennaio torna sugli schermi di Francia con Lhomme et son chien («Luomo e il cane») di Francis Huster, rifacimento di Umberto D. (visibile stasera su La7), capolavoro neorealista di Vittorio De Sica (che avrebbe poi diretto Belmondo nella Ciociara, premio Oscar).
Otto anni dopo lictus, torna leroe di Fino allultimo respiro e di Borsalino, che ci ha divertito col suo ghigno e col suo irresistibile broncio, che ci ha fatto sognare con le acrobazie dallelicottero eseguite da lui stesso, e piangere sullindimenticabile colonna sonora che Ennio Morricone compose per Joss il professionista di Georges Lautner. Leroe torna: vederlo menomato spiace, piace ritrovarne lintensità dello sguardo e del sorriso, che comunque ci accompagnano per unora e mezza.
Francis Huster è stato audace a confrontarsi con un capolavoro, il cui protagonista era Carlo Battisti, nella realtà professore universitario di glottologia e accademico della Crusca. È con le migliori intenzioni che Huster sè lanciato nellimpresa. Dice: «Nel 1977, girando negli Stati Uniti Un altro uomo, unaltra donna di Claude Lelouch, mi sono ritrovato a Malibu in una serata con Martin Scorsese e abbiamo evocato Umberto D., suo film-feticcio. Io lavevo visto da ragazzo e avevo pianto. Trentanni dopo, quando Jean-Louis Livi mha proposto un film, gli ho detto che il progetto di questo film mossessionava, ma che lavrei fatto sostituendo al neorealismo italiano un neorealismo della recitazione e giustificando che quella vicenda accadesse nella Francia odierna, perché dai tempi di De Sica nulla era cambiato».
Sullo schermo Belmondo è dunque «a nudo»: la paralisi e la difficoltà nel camminare non sono camuffate, ma sguardo intenso e mezzo sorriso tenero o ironico lo rendono sempre magnetico. Ma la regia di Huster è più da telefilm che da grande cinema. Di durata quasi pari alloriginale, il rifacimento è prolisso, con interminabili inquadrature, nelle quali il protagonista nemmeno cè, a spezzare il ritmo.
Nel film compare il fior fiore del cinema francese, riunito per scene più o meno gratuite. È chiaro che in molti hanno voluto apparire accanto alla leggenda. Jean Dujardin lammette: «Belmondo ha saputo concatenare film detti seri a commedie più divertenti. Ho visto Francis Huster in occasione di una serata e gli ho detto che mi sarebbe piaciuto essere nel film, fossanche per aprire una porta. Il lunedì seguente ero sul set. Così ho potuto esprimere tutta la mia ammirazione a Jean-Paul. Ero felice e commosso di recitare con lui. Ha sempre quello sguardo luminoso. È presente a ogni scena». Sono della partita anche Charles Aznavour, Anthony Delon, Pierre Mondy e Jean-Pierre Marielle, ma la serie di omaggi a uno dei più grandi attori del cinema francese pare un funerale da vivo.
Scoppia così la polemica: questo film andava fatto? Esso renderà Belmondo al mondo dei vivi o sarà un addio? La seconda ipotesi pare prevalente. Eppure Belmondo non mendica più del personaggio del suo film. Lattore affronta la «vita da cani» con dignità esemplare e lampi di malizia negli occhi. Deve lo scintillio dello sguardo ai recenti cambiamenti nella vita privata?
A differenza del suo personaggio, Belmondo non è in mezzo alla strada. Dopo ventanni di vita comune, sè separato da Natty, dalla quale ha avuto la piccola Stella. Però lattore settantacinquenne e il suo cane, Corail (corallo), si riprendono dalla separazione fra le braccia della trentaduenne Barbara Gandolfi, esplosiva donna daffari dal giro di petto atomico, che va in Ferrari e ha fatto la sirena nella versione belga dellIsola dei famosi. Lei sembra presa. Dice: «Lo trovo magnifico: abbronzato, denti bianchi, eterno sorriso..
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