Juan de Prado

Era un nobile spagnolo di Mogrovejo e studiava all’università di Salamanca. Un giorno, folgorato dall’ideale francescano, aveva interrotto gli studi per indossare il saio dei Frati Minori. Fu uno stimato teologo e un rinomato predicatore, ricoprendo anche diverse cariche in seno al suo ordine. Quel che gli premeva maggiormente era il ripristinare la missione francescana in Marocco, conclusasi nel sangue (tanto per cambiare) nel secolo precedente. Finalmente, nel 1630 padre Juan de Prado ottenne di essere assegnato a Marrakesh, allora capitale del regno africano, per potere occuparsi dell’assistenza agli schiavi cristiani. Il papa Urbano VIII lo munì del titolo di prefetto apostolico e intense trattative diplomatiche gli procurarono un salvacondotto del sultano. Partito dunque da Cadice con due confratelli nello stesso anno, si fermò tre mesi a Mazagan per imparare un po’ di lingua e attendere il momento propizio per raggiungere la capitale. Infatti, nel frattempo il vecchio sultano era morto e bisognava aspettare la successione. Ma il nuovo sultano era di tutt’altro avviso e non tenne in alcun conto il salvacondotto dei tre francescani. Questi ultimi, messisi in viaggio per Marrakesh, si ritrovarono arrestati ad Azamour. La capitale la raggiunsero, sì, ma in catene. Juan de Prado, il capomissione, aveva ormai settantun anni nel 1631, quando finì in carcere.

Qui venne frustato a sangue, dopodiché fu portato al cospetto del sultano. Questi lo ingaggiò in una polemica sui rispettivi credi e poi lo pugnalò di sua mano. Messo al rogo, il frate fu finito con i bastoni e le pietre.
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