Julio Cesar: «Il rigore? Facile da parare E li so anche segnare»

da Milano

Questa volta i tre punti nerazzurri hanno un nome e cognome: Julio Cesar. Perché il rigore respinto lateralmente al 38’ della ripresa a Saudati dal 28enne brasiliano, è di quelli che lasciano il segno e che considerare decisivi è ancora poco. «Ho parato un penalty, non è la prima volta e non sarà nemmeno l’ultima», afferma sorpreso il numero uno interista che, con Buffon in tribuna per problemi fisici, può a buon diritto essere considerato il miglior portiere in circolazione. Una parabola ascendente la sua che ha dell’incredibile perché in pochi avrebbero scommesso su di lui quando nel gennaio 2005 l’Inter lo prelevò dal Flamengo per parcheggiarlo al Chievo. Dove, ironia della sorte, non giocò nemmeno un minuto ma fece solo tribuna, tanta tribuna finché Mancini lo volle ad Appiano nella stagione successiva. Con la concorrenza di un certo Francesco Toldo, un monumento del nostro calcio, chiunque si sarebbe afflosciato, ma Julio Cesar no. Brasiliano allegro e simpatico, compagnone di Adriano nelle trasferte, cuffietta sulle orecchie ad ascoltare musica brasilera, davanti agli occhi un solo esempio: Dida che in rossonero aveva lanciato la moda dei portieri made in Brasil.
E ora anche Dida, dopo Toldo, è stato scavalcato, prima la maglia di titolare nell’Inter e poi anche quella della Seleçao. Aveva davanti Buffon, ora ha superato anche il bianconero mondiale. Ma dove vuole mai arrivare questo brasiliano, innamorato delle figlie e della sua Ronaldinha (ve la ricordate Susane Werner, la prima fiamma di Ronaldo ai tempi dell’Inter?) che a neutralizzare i penalty è abituato: vedi quelli parati in precedenza ad Ascoli e Siena. «Ma non è stato così difficile respingere quello di Saudati», altra candida ammissione di Julio Cesar. «Ho fatto il movimento giusto, mi sono buttato all’ultimo momento e ho avuto l’accortezza di respingere il pallone lateralmente perché se l’avessi toccato in avanti, il tiratore avrebbe avuto la possibilità di riprenderlo. Insomma, ho fatto solo il gesto giusto, anche perché la parata più difficile è stata quella sulla punizione di Buscè».
Beato lui che considera un rigore parato come se fosse una cosa di tutti i giorni e non, come in realtà è stato, un fatto che potrebbe anche decidere una intera stagione visto che la Roma è stata ricacciata indietro a otto punti. «Di rigoristi ne ho visti tanti in giro per il mondo, ma il migliore di tutti l’ho conosciuto quando giocavo in Brasile, un certo Evair che non ne sbagliava uno. Da parte mia invece, ho anche provato a tirarli (e qui scoppia in una sonora risata, ndr), me l’aveva chiesto Mancini in un torneo estivo. L’ho fatto e ho segnato, ma poi basta». Già, perché da buon brasiliano, Julio Cesar ha piedi che danno del tu al pallone.

«Sono comunque contento, non ho fatto alcun miracolo, ma il merito è dei compagni, perché non è facile giocare in dieci per un’ora. La nostra fortuna è che siamo ben preparati e forti fisicamente». Non si sente il salvatore della patria, ma strizza l’occhio perché in cuor suo è consapevole di aver fatto un bel regalo alla «sua» Inter.

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