nostro inviato a Verona
Sette di sera di un venerdì che sembra già estate. Allora del bianchetto, la Juventus porta a casa la nona vittoria esterna e si mette comoda ad aspettare i risultati di una concorrenza ormai sempre più varia ed eventuale. Otto tiri verso Buffon ma nemmeno uno che abbia centrato la porta a anche i cartelloni pubblicitari appena dietro: sono lo stitico bilancio tecnico del Verona. Che poteva metterci solo corsa e muscoli per provare a fermare la corsa bianconera. E così ha fatto, senza, però, ricavarci nulla.
Da queste parti la Juve non è molto amata, erano gli anni di Bagnoli e dintorni e di coppe dei Campioni a porte chiuse e da allora i veronesi se la sono legata al dito. E che questa non sia una delle tante scampagnate in provincia, lo si capisce dallaccoglienza. Più sulle tribune (un paio di faccia a faccia con la polizia, storie di striscioni non esattamente da salotto buono e fischi razzisti per Boumsong) che in campo in verità, perché la squadra di Ventura si accomoda immediatamente nel ruolo di punching ball e per almeno trenta minuti da lì non si muove.
La Juve fa quello che deve fare. Attacca. Più per censo che per voglia. Del Piero occupa il centrosinistra e si porta al guinzaglio Turati e Sibilano, Camoranesi sta più spesso al centro che a destra giusto per liberare le molto eventuali discese di Zebina. Dellargentino, Verona è stata la porta dingresso in Italia: quando ci arrivò il sangue era tutto sudamericano, era il 2000 e se ne andò due campionati dopo, ma non deve aver lasciato un buon ricordo se è vero che a ogni palla toccata vengon giù caterve di fischi.
Un tiro un po loffio di Del Piero respinto da Pegolo, un'altra conclusione del capitano che scheggia il palo sono le due medaglie sul petto bianconero per la prima mezzora. È a questo punto che il Verona prova a scalare la montagna. Senza riuscirci, ma almeno risvegliando Buffon più impegnato a sfogliare la margherita sul suo futuro, «resto o non resto» che dallattacco gialloblù. Anche se lad Blanc ha precisato che «il nostro progetto lo convincerà a rimanere». Chi invece al futuro si è incatenato è David Trezeguet. Per 40 minuti non tocca un pallone nè da notizie di sé. E quando rompe il silenzio lo fa per togliere il pallone dalla testa di Marchionni, meglio piazzato di lui. Largentino vaga per il prato come zavorrato dallinsofferenza per una situazione che per ora non trova sbocchi: prolungare il contratto in scadenza nel 2008 alle condizioni della società o forzare la mano e salutare la compagnia? Che il francese non ne possa più è ormai evidente.
La Juve, però, non fa una piega. Ha metabolizzato anche lapatia prolungata del francese. Dopo 35 giornate ha capito come va il mondo in serie B. Affannarsi non serve, cercare lo spettacolo nemmeno. Un copione che ormai i bianconeri hanno mandato a memoria. Inutile, e persino dannoso, scapigliarsi più di tanto. Così i bianconeri lasciano sfogare gli ardori da vecchio cuore Toro di Marco Ferrante, e poi colpiscono quando il primo tempo se ne sta andando.. Minuto 43: corner di Del Piero, zuccata di Boumsong. E che non se ne parli più.
Il secondo tempo nulla dà e nulla toglie. Del Piero e Trezeguet si abbonano al fuorigioco, il Verona scalpita, si agita, ma la cifra tecnica è quella che è.
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