Franco Ordine
Si chiama clausola di recesso e allimprovviso è diventata un gioiellino incastonato dentro il plico voluminoso dei noiosi contratti tv con le società di calcio. Basta tirarla fuori dal fondo del cassetto e pesarne lutilità. La benedetta clausola di recesso è diventata in queste ore una specie di asso nella manica: chi ce lha, può esibirla, chi è senza si attrezza per utilizzarla in futuro. In concreto la suddetta clausola consente ai network televisivi di sedersi intorno a un tavolo con le società retrocesse dalla giustizia sportiva e rinegoziare il valore economico dellintesa. Per club del rango della Juventus, lipotesi di retrocessione in serie B per motivi tecnici o addirittura per motivi disciplinari, era considerata unassurdità fino a un mese prima della sentenza. Adesso non più. Di qui il diverso comportamento degli attori televisivi e anche la comunicazione di segno opposto registrata nei dintorni della sentenza della Caf sullo scandalo «moggiopoli». A Cologno Monzese, sede operativa di Pier Silvio Berlusconi e dei collaboratori di Mediaset, hanno tirato un sospiro di sollievo. La clausola di recesso cè, è stata inserita in tutti i contratti con i singoli club sottoscritti per la pay per view e per il digitale terrestre. La Juventus, in materia, ha già inviato alla Consob una comunicazione con la quale ha informato della scadenza inevitabile. Le cifre concordate, prima del verdetto letto da Ruperto, erano le seguenti: 80 milioni lanno versati da Mediaset per il torneo 2006-07 e altri 157 milioni per le stagioni successive fino al 2009. Chi vuole calcolare lo sconto, si accomodi pure.
Sempre a Cologno Monzese, dallaltra parte della strada, viale Europa, nella sede di Sky cioè, hanno scelto un profilo più elegante. «Continueremo a offrire ai nostri abbonati Juventus e Lazio» la garanzia firmata da Andrea Camiglieri presente al convegno napoletano sul digitale terrestre. Dietro il gesto nobile, forse, cè anche una modesta verità: la mancanza della clausola di recesso nei contratti. Che sarà presto colmata, ci potete giurare. Sempre del valore commerciale dei diritti modificati dalla sentenza del calcio-scandalo, si comincerà a parlare da mercoledì, a Milano, nel corso del vertice tra Lega professionisti e Mediaset. Massimo Cellino, il presidente del Cagliari e delegato a discutere della materia, per il giorno prima, martedì, ha convocato a Roma il consiglio di Lega al fine di definire la strategia da adottare nella trattativa. Pier Silvio Berlusconi ha parlato chiaro: si presenterà allappuntamento con un assegno in tasca, è la rata, un quarto della somma totale annuale, poco più di 15 milioni di euro, che lazienda ha congelato nel frattempo e che verserà nelle casse della Lega professionisti appena il negoziato decollerà in modo concreto. Rischioso, per i presidenti di calcio, fare melina, dunque. Le due delegazioni devono in pratica definire, sulla base di quattro fattori condivisi, lammontare del deprezzamento subito dai diritti della serie A. Le previsioni degli esperti si aggirano sul 30% circa. Si tratterà. Non sarà facile raggiungere un accordo. Ma come ha sempre suggerito il senatore Andreotti in questi casi è meglio un cattivo accordo che un non accordo.
Al capitolo diritti tv e alla citatissima clausola di recesso, appartengono infine i calcoli sugli affari compiuti da Rai e Mediaset con le recentissime acquisizioni. La Tv di Stato ha acquistato, lanno scorso, alla cifra boom di 58 milioni di euro, la Champions league con la garanzia di 13 incontri italiani. Qualche mese dopo si è ritrovata senza Juventus e Milan, al loro posto Inter e Roma più Chievo e Palermo ammesse al turno preliminare e quindi con una qualificazione incerta. Non è il massimo della vita.
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