La Juve vince sul campo e perde in Borsa

La Juventus è campione d’inverno sul campo. Prima in classifica senza nemmeno una sconfitta: 19 risultati utili consecutivi e solo otto pareggi. Eppure in Piazza Affari è in zona retrocessione: nell’ultimo anno il titolo ha perso quasi il 63% del suo valore, le azioni valgono 15 centesimi e la società capitalizza 137 milioni. Lontana dai 3,7 euro della quotazione avvenuta a fine 2001 quando i bianconeri in Borsa valevano 447 milioni. A nulla sembra essere servita il profondo rinnovamento societario avviato da Andrea Agnelli, né un’iniziativa unica in Italia quale quella dello stadio di proprietà. Dove sta il mistero? Il punto è che per fare gol in Borsa in mezzo alla tempesta della crisi non bastano i programmi, le gambe, il fiato e la fantasia di un bomber come Matri. Servono i soldi, altrimenti il pallone si sgonfia. Quelli che la Vecchia Signora è stata costretta a chiedere al mercato e agli azionisti-tifosi, con un aumento di capitale da 120 milioni varato a dicembre e al quale il prezzo del titolo si è via via allineato.
Dopo Calciopoli (2006) il club ha smarrito la virtù nei conti e chiuso l’ultimo bilancio al settimo posto in serie A e con la perdita più alta della sua storia: 95,4 milioni con un patrimonio netto in negativo per 4,9. Più facile rimontare in campionato che sul listino milanese. A pesare sono state anche le incertezze nell’avvio del nuovo ciclo e operazioni di pulizia contabile su alcuni calciatori messi fuori rosa, a partire da Amauri. Incertezze che sono costate un cartellino giallo da parte della Consob. In particolare, la Juve ha dovuto contabilizzare una penalizzazione di 9,8 milioni nei ricavi per diritti tv e una di 12 milioni per l’esito della campagna trasferimenti dei calciatori. Di questi ultimi, 5,3 milioni erano relativi proprio ad Amauri, che proprio martedì scorso è stato ceduto alla Fiorentina per 2,5 milioni.
Intanto ieri, in Borsa, si è chiuso l’aumento di capitale, il cui esito verrà comunicato a breve. Dalle tasche degli Agnelli, che con Exor controllano il 60% della squadra, sono usciti 72 milioni che sono stati utilizzati per finanziarie la campagna trasferimenti 2011-2012 e per l’attività operativa. Ma gli Agnelli potrebbero salire fino al 70% avendo già dichiarato di essere pronti a coprire sia l’eventuale inoptato dai piccoli soci, sia la quota del socio libico Lafico che non ha sottoscritto i 9 milioni di sua competenza (e vedrà ridursi la sua quota dal 7,5 all’1,5% circa). La Juve aveva chiesto 39 milioni ai suoi 40mila tifosi-risparmiatori e alla fine ne ha incassati 33.
Quattro anni fa, ai tempi della ricapitalizzazione della gestione Cobolli-Blanc, i piccoli azionisti sottoscrissero quasi completamente la loro parte (all’epoca più di 35 milioni). Ma quell’aumento era stato fatto per 105 milioni con azioni a 1,3 euro. Ecco perché oggi, con il titolo più che dimezzato e la crisi che fa tirare la cinghia anche al più accanito dei supporter bianconeri, il risultato va al di là delle attese.
Sul modello associazionistico del Barcellona o su quello commerciale del Bayern legato allo stadio, il supporto del popolo bianconero può essere la strada per garantire un futuro più ricco in tempi di fair play finanziario. Le nuove regole limitano gli aumenti di capitale mentre lasciano libertà a club come il Real Madrid o il Barça che dall’azionariato popolare ricavano una fetta importante del bilancio. Gli eredi dell’Avvocato ripongono dunque grandi speranze nei soci-tifosi che riempiono anche tutti i 41mila posti del nuovo stadio di proprietà, il Juventus Stadium inaugurato l’8 settembre e costato 150 milioni. Il club è infatti l’unico in Italia a possederne uno che finanziariamente contribuisce a stabilizzare il patrimonio della società rilanciando gli utili e che sportivamente rappresenta il dodicesimo giocatore in campo, tanto che su 19 match giocati e mai persi, l’undici guidato da Antonio Conte in casa ha lasciato solo 6 punti (Bologna, Genoa e Cagliari).
I dodici eventi che si sono tenuti dall’inaugurazione hanno sempre registrato il tutto esaurito e la Juve ha incassato 5 milioni in sole nove partite, compresa Juventus-Milan. La quota abbonamenti da 654.462 euro è arrivata a 713.248 euro, giornata dopo giornata. Non solo. Dei quattro quarti di finale di Coppa Italia disputati (che non sono coperti da abbonamento quindi chi va allo stadio paga il biglietto), a Torino per vedere giocare la Juve contro la Roma lo stadio era pieno mentre il match fra il Napoli e l’Inter ha registrato 27.265 contro, per esempio, gli 8mila di Milan-Lazio.
L’obiettivo per la stagione in corso è quello di raggiungere quota 32 milioni aumentando il fatturato dall’8 al 20% e riequilibrando il peso delle entrate oggi troppo sbilanciate dalla parte dei ricavi dalla vendita dei diritti tv (per le società italiane valgono il 60-65% del fatturato, mentre il 70% dei ricavi totali finisce agli stipendi dei calciatori).

Non solo: uno stadio di proprietà evita anche che il valore del titolo sia legato esclusivamente al risultato sportivo che comunque per il momento, anche grazie ai nuovi acquisti di Borriello e del difensore uruguaiano Caceres, sta dando grandi soddisfazioni.
Basteranno tifosi e stadio a curare la Vecchia Signora dalla febbre a 90 in Borsa?

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