Franco Ordine
nostro inviato a Torino
In attesa di rivincere il tricolore, nostra Signora degli scudetti (28) è diventata Madama dei record. Merito d’accordo della sua marcia trionfale che conclude, sotto lo striscione del girone d’andata, una storica performance. 52 i punti totalizzati, mai successo prima in un campionato a venti squadre; il 17° successo a spese della Reggina (su 19 gare, una sconfitta sola e un pari) incenerisce il precedente, di marca juventina (stagione ’49-50, dice qualcosa a Della Valle?, ndr) e accende gli effetti speciali necessari a festeggiare il sigillo di Alessandro Del Piero, decimo del torneo. Per una domenica, Fabio Capello stravolge la sua personale graduatoria, accantona Ibrahimovic in panchina (un po’ di riposo per la prossima non fa mai male) e offre la scena al vecchio, caro, grande capitano della Juventus, premiato da Franzo Grande Stevens con una mega targa d’argento (incisi tutti i gol, con le date dei suoi 183 gol nel frattempo diventati 186). Il decimo della stagione d’oro cade allo scadere della prima frazione ed è un giochino di prestigio che chiude un triangolo di rara bellezza, disegnato da Nedved e perfezionato di testa da Trezeguet. Del Piero, di sinistro, al volo ha il guizzo del grande specialista: palla colpita col collo pieno, indirizzata, giusta e forte, fuori dalla portata di Pavarini, portiere di indiscutibile talento, apprezzato ieri per una serie di prodezze che contengono la sconfitta entro limiti onorevoli. Solo 1 a 0 dalla Juve è una specie di medaglia di bronzo per la Reggina.
Non è assolutamente un caso che il grande record, scolpito nella pietra dalla Juve, coincida con la presenza in panchina di Fabio Capello. Ai tempi di Milanello ne confezionò molti altri, dalle 58 partite senza perdere, all’imbattibilità di Rossi e di quella difesa che oggi farebbe la felicità di Ancelotti. Segno che tra lui e certe imprese esiste un legame molto preciso. C’entra Capello, come protagonista della marcia juventina, e non solo perché riesce a vincere cinque volte 1 a 0 invece di rovesciare su un rivale malcapitato 5 randellate per poi inpantanarsi alla prima occasione. Nei minuti finali, quando la Reggina tira fuori la testa dalla metà-campo, e cerca un miracoloso recupero, don Fabio si fa sentire dai suoi. Lancia un bercio a Mutu, se la prende con Del Piero stesso, e giustifica l’errore di Ibrahimovic (gol sbagliato davanti alla porta allo scadere) per via del prato di Torino che è indecente. Attenti, però: la giusticazione è parziale. Ma la Juve ha altri problemi, nascosti abilmente dai numeri luccicanti e dai record citati. In questo momento le due spine nella gola di Madama sono Vieira e Nedved. Il francese è una copia sbiadita dello strepitoso assaltatore ammirato nei primi due mesi di campionato: si fa poco vedere, non ha la forza per infilarsi nelle maglia della difesa reggina, e soffre la marcatura a uomo di Paredes. Neanche Nedved se la passa meglio. E qui forse lo stato del prato non c’entra poiché il ceco è uno che si esibisce al massimo dei giri anche su un tratturo. È lento, non si libera in dribbling del rivale e chiudendo da sinistra verso il centro non trova quasi mai (tranne nell’occasione del gol di Alex) l’opportunità di cucire il gioco in modo efficace. Capello tiene a riposo Mutu e Ibrahimovic, forse li risparmia in vista del Chievo, mercoledì sera. Capello sostituisce Camoranesi e non Nedved per motivi misteriosi: non vuole deprimere l’ex Pallone d’Oro.
In una domenica così, scandita dai numeri della Juve e dai fuochi d’artificio di Alessandro Del Piero, passa quasi sotto silenzio il ritorno all’attività ufficiale di Gianluigi Buffon, in porta. La Reggina lo risparmia quasi avesse pudore e procurargli qualche brivido sulla schiena: non si scomoda un fuoriclasse. E lui apprezza.
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