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Kakà, nella notte dell'addio gli manca il gol. Lo sceicco: non ho offerto 100 milioni

Il saluto con la mano sul cuore e un messaggio d’amore ai tifosi. Con la Fiorentina chiude con una vittoria, però non trova il tocco per l’ultima magia. Berlusconi: "Non si può rinunciare a un'offerta così"

Kakà, nella notte dell'addio 
gli manca il gol. Lo sceicco: 
non ho offerto 100 milioni

Milano Alla fine il rituale è sempre lo stesso. L’arrivo allo stadio, lo spogliatoio, il riscaldamento, l’ingresso in campo. Solo che questa volta c’è un “ma”. Un “ma” grande 110 milioni di euro. E poi ci sei tu. Davanti a questo bivio che da un paio di notti ti toglie il sonno. Da una parte ci sono i 15 milioni di euro all’anno di stipendio che ti farebbero il giocatore più pagato al mondo. Dall’altra c’è la squadra con cui dall’agosto del 2003 ti sei preso per mano per diventare insieme i più forti del mondo. E tu sei lì per quella che potrebbe essere la tua ultima volta a San Siro. C’è una partita di campionato, ci sono tre punti da raccattare per non perdere altro terreno. Ma questa sera, più di ogni altra volta, tutti sono concentrati su di te. Su Kakà.
È da due giorni che non si parla d’altro: ma Kakà parte o resta? E allora ecco che sono tutti lì, pronti a studiare ogni piccolo movimento del brasiliano per cercare di carpire ogni suo più piccolo stato d’animo, ogni suo segno di cedimento.
E finalmente una manciata di minuti dopo le 20, eccolo in campo insieme ai compagni per il riscaldamento. L’ovazione che San Siro gli riserva farebbe venire una pelle d’oca di un paio di centimetri anche al più incallito degli interisti. «Non si vende Kakà, non si vende Kakà». La risposta è forse la più scontata, ma anche la più emozionante: Kakà corre verso la curva sud, si picchia più volte il pugno sul cuore e leva alte le mani verso i tifosi. Amore eterno? Chissà, magari. Forse domani lo sapremo meglio.
Poi comincia la partita. Quindici milioni di euro possono gonfiarti il portafoglio ma anche appesantirti gambe e cervello. E bloccarti anche nel più semplice appoggio. E infatti, il primo pallone che Ricky tocca, lo regala agli avversari. Poi però l’emozione si scioglie un poco e il numero 22 rossonero inizia a giocare come sa. Da Kakà, o quasi.
Non c’è Ronaldinho in campo, Ancelotti gli lascia libertà assoluta e lui corre da una parte all’altra del campo.
C’è da dire che, per agevolargli un po’ il compito, la Fiorentina ci mette del suo. Dopo il vantaggio rossonero, lascia ampi spazi al contropiede milanista, da sempre terreno di conquista preferito dalla velocità del brasiliano. Che al 12’ scappa dalla sinistra e mette Pato davanti a Storari: il Papero però non finalizza, anticipato da Vargas. Prima del finire del primo tempo, ci prova in almeno altre tre occasioni. Sempre lo stesso copione, con quella sua corsa veloce ed elegante, che poi è il suo marchio di fabbrica per eccellenza. E forse al 28’ ci starebbe anche un mezzo rigorino, mentre si incunea tra Santana e Kroldrup, dopo 50 metri di corsa palla al piede.
Chissà quanto pagherebbe per un gollettino. E così anche nella ripresa lo scenario non cambia, anche se il Milan arretra un po’ il baricentro e di palloni là davanti se ne vedono sempre meno. Ma Kakà resta sempre lo stesso, crea spazi, corre, si danna l’anima. Memore di quel «il talento non basta», pronunciato a gran voce dopo le due sconfitte a inizio campionato. Poi esce Pato, entra Dinho e Kakà si ritrova a fare la prima punta: non è il ruolo che più ama, ma lui corre uguale, come se niente fosse.
Poi arriva il triplice fischio di Rosetti e tutti i compagni corrono ad abbracciare Kakà. Poi si rivolge verso i tifosi e ripete lo stesso gesto fatto all'inizio. Un nuovo messaggio d’amore? Mah, chissà..

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