Da Kappler a Priebke, l'ultimo Ss finito all'ergastolo

Prima del "boia di Bolzano", avevano ricevuto condanne all’ergastolo altri personaggi di spicco delle Ss naziste come Walter Reder, Herbert Kappler (fuggito dal celio nascosto in una valigia) ed Erich Priebke (ora ai domiciliari)

Da Kappler a Priebke, l'ultimo Ss finito all'ergastolo

Roma - Michael "Misha" Seifert, condannato al carcere a vita per le torture e le uccisioni nel campo di detenzione di Bolzano tra il 1944 e il 1945, non è il primo criminale nazista a finire nella rete della giustizia italiana. Prima del "boia di Bolzano", avevano ricevuto condanne all’ergastolo per gli eccidi compiuti nel corso della seconda guerra mondiale altri personaggi di spicco delle Ss naziste come Walter Reder, Herbert Kappler ed Erich Priebke.

Reder: il "boia di Marzabotto" Walter Reder nacque il 4 febbraio del 1915 a Jesenik, nell’attuale Repubblica Ceca. Si arruolò nelle Ss nel 1933. Era conosciuto con il soprannome ’il moncò, da quando aveva perso l’avambraccio sinistro nei combattimenti sul fronte orientale. Reder è stato riconosciuto responsabile dell’eccidio di Marzabotto, avvenuto nell’agosto del 1944, in cui morirono 1.800 persone. Dopo la Liberazione Reder, che era riuscito a raggiungere la Baviera, fu catturato dagli americani. Estradato in Italia nel maggio del 1948 e accusato di crimini di guerra, Walter Reder fu condannato al carcere a vita nel 1951 con una sentenza emessa dal tribunale militare di Bologna. Rilasciato il 24 gennaio 1985, si stabilì a Vienna, dove morì il 26 aprile del 1991.

Kappler: la fuga in una valigia Ferragosto del 1977, è una calda serata in una Roma deserta: Anneliese Kappler, moglie del colonnello Herbert Kappler, condannato all’ergastolo per l’eccidio delle Fosse Ardeatine, sta per mettere in atto la clamorosa fuga del criminale nazista dall’ospedale militare del Celio, calandolo da una finestra dopo averlo chiuso in una valigia. L’espediente utilizzato per la fuga, che 31 anni fa provocò polemiche e un vero terremoto politico, consente a Kappler di rifugiarsi in Germania, dove muore l’anno successivo, il 9 febbraio del 1978. Nel marzo del 1944 il colonnello delle Ss Herbert Kappler organizzò la rappresaglia in seguito all’attentato di via Rasella a Roma, in cui persero la vita 33 soldati nazisti, secondo un piano che prevedeva l’esecuzione di 10 prigionieri per ogni tedesco ucciso. Si arrivò quindi all’eccidio delle Fosse Ardeatine, in cui 335 italiani, in maggioranza civili ed ebrei, vennero ammazzati uno ad uno. Al termine della seconda guerra mondiale, Kappler venne arrestato dagli inglesi e consegnato all’Italia. Condannato all’ergastolo, venne rinchiuso nel carcere militare di Gaeta, dove restò fino al 1975. Nel 1976, sofferente di cancro, Kappler è ricoverato presso l’ospedale militare ’Celiò di Roma. L’anno successivo viene concepito e messo in atto il clamoroso piano di fuga per l’ex ufficiale nazista che la sera di Ferragosto viene calato da una finestra del terzo piano dell’ospedale. Ad attenderlo c’è un’automobile, che riesce a varcare i confini italiani ed il giorno dopo raggiunge la Germania. È lì che Kappler si stabilisce per i mesi a venire fino alla morte, che sopraggiunge il 9 febbraio del 1978.

Priebke: ergastolo ai domiciliari Nato ad Hennigsdorf il 29 luglio del 1913, Erich Priebke partecipò, da capitano delle Ss, all’organizzazione dell’eccidio alle Fosse Ardeatine. Capo divisione della Gestapo nel Nord Italia, Prieblke si trasferì a Roma nel 1943. La rappresaglia delle Fosse Ardeatine venne organizzata in risposta all’attentato di via Rasella, in cui morirono 33 soldati nazisti del battaglione Bozen.

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, Priebkè riuscì con molti altri nomi di spicco della gerarchia nazista a riparare in Sudamerica. Giunto in Argentina, si stabilì a Bariloche, alle pendici delle Ande. L’ex ufficiale delle Ss, da molti creduto ormai morto, venne rintracciato soltanto nel 1994 da un esponente del centro Simon Wiesenthal. Estradato in Italia nel 1995, venne rinviato a giudizio per crimini di guerra con l’accusa di essere stato tra gli organizzatori della strage delle Fosse Ardeatine. Si arrivò così alla sentenza del 1 agosto 1996: a Priebke vennero concesse dal tribunale militare di Roma le attenuanti che prescrivevano il reato di omicidio plurimo per il quale l’ex capitano nazista era imputato. Al momento della lettura della sentenza, letta dal presidente del tribunale Agostino Quistelli, si scatenò l’indignazione dei familiari delle vittime e dei rappresentanti della comunità ebraica che stavano assistendo alla lettura del verdetto.

La sentenza venne annullata dalla Cassazione e si arrivò

infine nel 1998 ad un verdetto definitivo di condanna all’ergastolo. A causa dell’età avanzata, a Priebke vennero concessi gli arresti domiciliari che l’ex capitano nazista sconta ancora oggi presso un’abitazione di Roma.

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