Un lungo dirupo. Scosceso. Fino a un'enorme fossa comune. Intorno prati e alberi. Una foresta. Quella di Katyn. Un paesaggio tragicamente bellissimo nella campagna polacca. È il teatro del massacro taciuto per anni da parte dell'Armata Rossa agli ordini di Stalin. Una strage. Quindicimila prigionieri di guerra polacchi, catturati nel settembre 1939, durante il conflitto nazi sovietico, furono poi trucidati nel 1940. Il regista Andrzej Wajda, amico di Roman Polanski, ne ha fatto un film verità.
Una pellicola che è stata candidata all'oscar l'anno scorso come miglior film straniero, ma che in Italia quasi nessuno ha potuto vedere. Fatto sta che grazie alla proposta della redazione genovese del Giornale e dopo contatti e trattative finalmente il film è stato proiettato l'altra sera a Palazzo Ducale. Un pienone cui è seguita la recensione e il commento del nostro caporedattore Massimiliano Lussana. Il film è stato proiettato soprattutto grazie all'impegno di Luca Borzani che lo ha inserito nelle manifestazioni dell'evento mostra «Oltre il muro». «Non per questo - spiega Borzani - mi sento meno di sinistra. Ci mancherebbe. Questo film e la sua storia misurano l'oblìo della società contemporanea. È un momento di riflessione. Occorre riconoscere gli errori e andare oltre. Da una parte e dell'altra. Ma purtroppo c'è ancora molto cammino da fare».
«È vergognoso - dicono Gianni Plinio e Giorgio Bornacin - che un'istituzione come la Regione non abbia fatto niente. E che siano stati assenti alla proiezione Vincenzi e Burlando pur invitati. La mancanza di questo film nei cartelloni dei cinema italiani dimostra come ci sia ancora l'ostracismo di sinistra nei confronti della verità».
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