Kubica si schianta in rally: mano a rischio

Il segno della croce prima di partire, e subito dopo aver tagliato il traguardo della sua seconda vita da corridore ciclista. Danilo Di Luca fa una croce, anche sul suo passato. «Ho combinato un casino terribile, ho fatto male a me e alla mia famiglia, ai miei tifosi e a quanti mi hanno creduto. Basta, da oggi si volta pagina: la storia sarà tutta diversa».
La nuova storia di Danilo Di Luca è ricominciata dalle Baleari, dall’isola di Majorca, dove da ieri (vittoria di Tyler Farrar, ndr) e per cinque giorni si disputerà una challenge. È tornato a correre dopo due anni dallo scandalo doping al Cera che sconvolse il Giro d’Italia del Centenario. È tornato con una nuova maglia, quella del colosso russo Katusha, la squadra diretta da Andrei Tchmil e capitanata da «Purito» Rodriguez e Filippo Pozzato, ma soprattutto torna con uno spirito tutto diverso. «Tornare in gruppo è stata una gioia immensa, una sensazione che avevo nel cuore ma riviverla è stata come provarla per la prima volta ­ ci racconta il vincitore di un Giro d’Italia (2007), di un Amstel, di una Freccia, di una Liegi e di un Lombardia oltre ad un coppa del mondo -. Mi sento un uomo nuovo e voglio dimostrarlo: quello che conta ora sono solo i fatti, come mi ripete don Marco Pozza, che da mesi mi sta a fianco».
Ha sbagliato e ha pagato: nel senso più vero della parola. Per tornare a correre, Di Luca ha dovuto versare nelle casse dell’Uci, il governo mondiale della bicicletta, qualcosa come 180mila euro. «Queste erano le regole e le regole vanno rispettate. Ho sbagliato, ho pagato ma a questo punto ho diritto anch’io ad una seconda possibilità». Danilo riparte, con oltre 8mila chilometri nelle gambe. «Questo inverno mi sono allenato bene, con grande entusiasmo e profitto - spiega il corridore abruzzese che nel frattempo è diventato costruttore di biciclette (Kiklos, ndr) -. Oggi non so se correrò, perché in programma c’è un altro circuito, ma certamente sarò della partita nelle altre tre prove. E lì voglio verificare il mio stato di forma».
Dopo la Challenge di Maiorca, il programma prevede il Laigueglia (il 19 di questo mese). Poi Giro di Sardegna, Tirreno-Adriatico, Sanremo, Paesi Baschi, Amstel, Freccia e Liegi prima del Giro d’Italia. «Torno alla “corsa rosa” con il massimo dell’umiltà ­ dice Di Luca che a Pescara ha aperto un centro per il ciclismo da capogiro -. Io so che posso recitare un ruolo di primo piano nel mondo del ciclismo. Per questa mia seconda vita sportiva non mi pongo troppi obiettivi. Al Giro ci vado per essere uomo di riferimento di Rodriguez, che sarà il nostro uomo di classifica. Il Giro sarà corsa durissima, selettiva come sempre, e il cast dei partecipanti quest’anno sarà più importante di quello del Tour. Io spero di poter lasciare il segno in qualche tappa, magari a Montevergine, dove già ho vinto due volte».
Dal Giro dell’Unità d’Italia, ad una maglia che è simbolo del nostro Paese. «La maglia tricolore mi solletica molto. Non l’ho mai vestita: è un obiettivo». E quella azzurra? «Anche. Ne ho parlato con il ct Paolo Bettini, il percorso mondiale di Copenagen è per velocisti, ma se ci si arriva con una buona condizione - e io ci voglio arrivare visto che correrò anche la Vuelta -, potrei essere un uomo di esperienza al servizio della causa degli azzurri».
Una nuova ripartenza, un uomo nuovo, con a fianco un uomo che crede ciecamente nella rinascita sportiva di questo ragazzo che ha scelto la scorciatoia, ma oggi ha ritrovato la strada: don Marco Pozza, il sacerdote-maratoneta che un mese e mezzo fa l’ha portato ad impegnarsi pubblicamente in una scuola trevigiana davanti a 500 ragazzi. «Don Marco è una persona speciale, che sa parlare al cuore delle persone. Ama lo sport, ama i giovani e crede nella parte buona di tutti noi. Lui mi ripete che ognuno di noi ha risorse impensabili e nascoste, basta trovarle e tirarle fuori. Proprio come nello sport: devi sapere tirare fuori anche quello che pensi di non avere. Nella vita, come nello sport, la forza morale fa la differenza. Io sento oggi di avere qualcosa in più.

Io e don Marco stiamo lavorando assieme anche a diversi progetti per i giovani, uno prenderà forma subito dopo il Giro d’Italia in collaborazione con la Gazzetta. Don Marco mi seguirà in qualche tappa, mi starà vicino: io sarò il suo capitano, lui la mia guida».

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