«Abbiamo fatto la nostra scelta, un tracciato che non prevede ritorni al passato basati su uno sviluppo autonomo dietro spessi muri». Insomma, la Russia non ha in programma di rinchiudersi dietro una nuova Cortina di Ferro. Dmitry Medvedev, presidente di una Russia ormai protagonista di una politica di aperto confronto con l’Occidente, respinge al mittente le parole di Condoleezza Rice. Il giorno prima, il segretario di Stato americano aveva affermato che Mosca, «sempre più autoritaria al suo interno e aggressiva verso l’esterno», stava facendo una scelta molto pericolosa in primo luogo per se stessa: quella dell’autoisolamento.
Non solo Medvedev, ma anche il premier Vladimir Putin - che sembra di fatto mantenere un saldo controllo sulle leve del potere in Russia - ha replicato seccamente alle accuse della Casa Bianca. Voler gettare su Mosca l’ombra di un ritorno alla Guerra fredda è «una minaccia diretta al nostro progetto di modernizzazione - ha detto Putin -. Il confronto non è la nostra scelta».
Le autorità russe negano che sia in corso un ritorno allo statalismo in campo economico. Giovedì il Cremlino aveva annunciato un intervento statale di 500 miliardi di rubli (circa 14 miliardi di euro) per aiutare le Borse in difficoltà, un’iniezione di liquidità che ricorda interventi simili attuati in Occidente. Ma anche questo ha suscitato dubbi, che il consigliere economico di Medvedev Arkadij Dvorkovich ha cercato di dissolvere: non abbiamo inteso «andare a speculare e ad aumentare la presenza statale nelle imprese e nei settori dell’economia», ha spiegato.
L’altro punto su cui ieri la Russia ha attaccato gli Stati Uniti e la Nato è la Georgia. Secondo Medvedev la Rice «parte da presupposti errati» quando accusa Mosca di perseguire obiettivi geostrategici nel Caucaso. «Abbiamo reagito all’aggressione georgiana. Da parte russa c’è stata un’azione isolata, provocata dall’emergenza. Non ci sono basi per parlare di un effetto domino». Semmai, ha rilanciato Medvedev, è stata l’Alleanza Atlantica a provocare il conflitto nel Caucaso, un errore che ora «costringe» la Russia a riarmarsi per garantire la propria stessa sicurezza nazionale.
Ma nonostante le evidenti difficoltà del momento, il presidente russo ha affermato che le relazioni con Washington rimangono una priorità per il Cremlino.
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