L’addio al «marinaio» Leopoldo A Portofino la famiglia e pochi amici

nostro inviato a Portofino
Ieri s’è mosso anche il mare - un vecchio e caro amico, del resto - per dare l’ultimo saluto a Leopoldo Pirelli. Ha chiamato a raccolta le onde più maestose e ha indossato l’acqua più verde scura che poteva, doverosa e severa tenuta d’obbligo nel giorno in cui Portofino ha dato l’addio al suo concittadino, il «marinaio» Leopoldo. «Quello con il maglione blu»; «quello sempre pronto al sorriso»; «quello prodigo di modi e parole gentili», come tutti qui lo ricordano. E oltre al mare e all’intero borgo ligure, ieri c’era solo la famiglia, per una cerimonia funebre finalmente senza fastidiosi applausi. Una cerimonia dignitosa e composta che a chi lo conosceva bene è parsa assomigliargli tanto. C’erano i figli Cecilia (col marito Carlo Scognamiglio) e Alberto (con la moglie Gabriella Colombo), l’ex genero Marco Tronchetti Provera (senza Afef) e i cinque nipoti: Giada, Ilaria, Giovanni, Matteo e Nicolò. Più gli amici, quelli veri.
Quanto alla sfilata dei vip, del mondo dell’industria e della finanza, è rimandata a lunedì, a Milano, a una messa commemorativa nella basilica di Sant’Ambrogio. Ci saranno tutti, meno lui. Lui riposa da ieri pomeriggio nel minuscolo cimitero dietro la chiesetta di San Giorgio, sepolto provvisoriamente accanto un altro marinaio di Portofino, il «Ninetta», con una vista mozzafiato sul Tirreno. A reggere la bara sono stati gli amici di qui, la gente del luogo che l’ingegner Leopoldo aveva scelto ormai da oltre vent’anni «come la sua casa, non come una residenza», tiene a precisare, commosso, il sindaco Giorgio Devoto. C’era anche la sua spalla, a sostenere l’amico nell’ultimo viaggio. E poi, tra le altre, quella del grande amico Oreste Pini, il marinaio-pari-grado (di capitani non ce n’erano) in mille uscite in barca, prima sul Jally e poi sulla Seilan. «Partivano ai primi di luglio - ricorda Devoto - e tornavano a fine settembre. Spesso festeggiando a bordo anche il Natale. Ci mancherà e ci mancheranno le sue battute - ricorda il sindaco -. Ma da tre anni capitava sempre meno, che noi capivamo il perché: era il male che lo tormentava».
Nel corso della cerimonia celebrata dal parroco don Gianni Cogorno, dopo le letture dalle lettere di San Paolo agli apostoli e da Matteo 25, affidate a una nipote di Pirelli e a una negoziante di Portofino, Maria Luisa Oneto, è stata la compagna dell’ingegnere, l’editrice Rosellina Archinto, a dedicargli un commovente viatico laico, «rubando» a Eugenio Montale le parole che il premio Nobel aveva scritto per la moglie scomparsa: «Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale. E ora che non ci sei è il vuoto a ogni gradino. Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio».


Parleranno pure di questo - forse lo stanno già facendo - l’ingegnere e il «Ninetta», in attesa che sia pronto lo spazio che Pirelli aveva donato al Comune per ampliare il cimitero e garantirsi qui una dimora eterna. Poi se la racconteranno su, ascoltando la musica delle onde. E saranno senz’altro storie loro. Storie di mare.

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