«L’aeroporto di Venezia vuole tariffe più alte»

L’estate - anche questa - è rimasta seppellita sotto ai bagagli smarriti negli aeroporti, Fiumicino in testa. Decine, centinaia di migliaia di persone vittime di travasi di bile. E in una destinazione turistica come Venezia - che con Treviso costituisce il terzo polo aeroportuale italiano - com’è andata? «Nessun problema - risponde Enrico Marchi, presidente e ad della Save, la società di gestione dei due scali, quotata in Borsa -. Tutte le riconsegne sono state effettuate entro i parametri richiesti dalla carta dei servizi».
Vi è andata bene...
«È il risultato del lavoro di anni. La Save non svolge l’attività di handling (i servizi a terra, smistamento dei bagagli compreso, ndr), dismessa nel 2001: ciascuno deve specializzarsi per dare il meglio. Oggi la svolgono tre società autonome, che noi teniamo sotto stretto controllo. Da un anno abbiamo avviato un programma di qualità con tutti gli attori coinvolti in aeroporto; usiamo il metodo Kaizen, del miglioramento continuo, quello reso celebre da Toyota».
Funziona?
«Vito Riggio, il presidente dell’Enac, ci ha indicati come il miglior aeroporto italiano».
Ma davvero a Venezia non va smarrito un bagaglio?
«Tutto può succedere. Ma sa che cosa abbiamo fatto? Abbiamo affisso dei cartelli per avvertire i passeggeri che dei bagagli non è responsabile la Save. Devono saperlo. L’Enac voleva farceli togliere, io ho resistito».
Le compagnie dicono che a Fiumicino ci sono impianti inadeguati
«Non voglio far polemiche. Ma posso dire che noi, in questi anni abbiamo investito 200 milioni di euro in impianti e infrastrutture».
Eppure solo a Milano e a Roma è stata accordata una via preferenziale per aumentare le tariffe aeroportuali.
«Sì, l’ho appreso con meraviglia e disappunto. Occorrono regole autentiche, non deroghe e parametri occasionali, secondo le necessità».
Siete stati tagliati fuori.
«Non c’è motivo. L’Ue indica Milano, Roma e Venezia come i tre poli aeroportuali d’interesse nazionale; un’altra direttiva europea sui sistemi tariffari suddivide gli scali sopra e sotto i 5 milioni. Comunque si veda la cosa, dovevamo esserci anche noi, che movimentiamo 8,6 milioni di passeggeri».
Adesso dovete mettervi in coda come tutti gli aeroporti minori.
«Sono fiducioso che il governo rimedierà. Eppure sa qual è la differenza? Noi abbiamo fatto gli investimenti con soldi nostri, e aspettiamo di vederli remunerati; gli altri aspettano gli aumenti per fare gli investimenti. È diverso, non le pare?».
Crede che ci sia conflitto d’interesse nel fatto che i Benetton sono azionisti di Aeroporti di Roma e di Alitalia?
«In Alitalia sono soci insieme ad altri, non la controllano».
Voi, oltre agli aeroporti, avete il business delle Cento stazioni e della ristorazione per chi viaggia. Si arrabbia se qualcuno le dice che avete copiato proprio i Benetton, che possiedono aeroporti, Grandi Stazioni e Autogrill?
«Guardi, siamo partiti prima noi, seppure con diverse dimensioni. Ben prima che i Benetton acquisissero gli scali di Roma e di Torino. E anche la ristorazione, l’abbiamo rinnovata noi: siamo stati i primi a riunire nella stessa società ristorazione e duty free».
Negli ultimi mesi avete perso due clienti come Myair e SkyEurope. Siete preoccupati?
«Il nostro traffico è solido, non estemporaneo. Abbiamo 40 compagnie, che servono 60 destinazioni, alcune di lungo raggio. Alitalia sta potenziando la sua presenza e serviamo sette vettori dell’alleanza SkyTeam, cosa che favorisce un’offerta integrata, e soddisfa i frequent flyer».
Le crisi dei due vettori vi fanno perdere quota?
«Nel 2009 avremo 150-200 mila passeggeri in meno».
E i conti come vanno?
«Meglio dello scorso anno, quando il fatturato fu di 300 milioni l’utile lordo di 14. Compensiamo il calo di passeggeri con le acquisizioni e le efficienze.

Il secondo trimestre è stato migliore del primo, mi pare che il peggio sia passato».
Che cos’avete acquisito?
«La gestione dell’aeroporto belga di Charlerois. E adesso stiamo guardando Praga, dove già gestiamo la ristorazione: se privatizzano l’aeroporto, noi ci siamo già».

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