L’agente indagato per omicidio: "Ha sparato ad altezza uomo"

S’aggrava la posizione del poliziotto che ha ucciso il tifoso della Lazio. Il questore di Arezzo: "Forse mirava alle gomme". E c’è un testimone

L’agente indagato per omicidio: "Ha sparato ad altezza uomo"

Arezzo - «Io ho visto tutto», ha raccontato al commissariato. «Ho visto il poliziotto mentre sparava. Le braccia tese, la pistola impugnata con entrambe le mani, i due colpi che partivano uno dietro l’altro. Sparava in aria? Non mi è sembrato proprio». Sì, il supertestimone ha visto davvero tutto. È un rappresentate di commercio, è romano, e si era fermato a far benzina accanto alle due pattuglie della stradale. Sul momento, a dire la verità, non ci aveva fatto troppo caso. Poi, una volta a Roma, ha guardato i tg e ha collegato i fatti: «Ma è quello che ho visto io». E così adesso l’agente Luigi Spaccarotella, varesino, 32 anni, è indagato per omicidio colposo. Per ora. «Le indagini stanno avendo un certo sviluppo. C’è la possibilità che la rubricazione del reato possa avere un’evoluzione peggiorativa», spiega infatti Vincenzo Giacobbe, il questore di Arezzo.

Omicidio preterintenzionale? O addirittura volontario? Giacobbe allarga le braccia. «Uno dei due colpi - dice - è stato esploso ad altezza uomo e ha viaggiato per 66 metri parallelamente al terreno. Dobbiamo capire il perché. Chissà, probabilmente ha mirato alla gomme, o forse al motore. Ma se è così, se non è scivolato, ha preso un rischio enorme. L’omicidio colposo c’è quando una persona non vuole uccidere. Quello volontario risoponde ad altri criteri. Vedremo».
Si aggrava dunque la posizione di Spaccarotella. Rischia fino a cinque anni, se si assoderà che il suo atto è stato compiuto per «imperizia, incapacità o negligenza». Ne rischierebbe fino a 21 invece, se gli accertamenti dovessero stabilire che ha sparato su un gruppo di persone senza mirare un obbiettivo particolare ma mettendo in conto di colpire qualcuno. Nel frattempo l’agente è stato tolto dal servizio di pattuglia e assegnato al lavoro d’ufficio. E non c’è, a quanto pare, solo la testimonianza del rapresentante romano. C’è anche il proiettile. «L’ogiva - racconta ancora il questore - è stata trovata addosso al corpo del ragazzo nel corso dell’ispezione cadaverica. È entrata nel collo ed è compatibile con le nostre pistole. Quanto ai bossoli, ne abbiamo recuperato uno, stiamo cercando il secondo». L’auto dei cinque tifosi era pulita: né armi, né catene. Trovati invece nell’area di servizio di Badia al Pino due coltelli, ombrelli, biglie e sassi. Materiale che al momento non prova nulla. «Non siamo ancora certi che ci sia stata una rissa tra tifosi». L’altra macchina, la Mercedes nera classe A degli juventini, infatti è sparita. Nessuna reticenza, la polizia sta lavando i suoi panni in pubblico. «Dobbiamo fare mea culpa - insiste Giacobbe -. ha sbagliato un poliziotto, se fossimo infallibili non staremmo qui a parlarne. Noi comunque abbiamo detto la verità fin dall’inizio».

Oggi Giuliano Amato riferirà il Parlamento. Intanto il ministro dell’Interno esprime «il mio pieno sostegno agli inquirenti perchè sia fatta completa chiarezza, come ho auspicato a caldo: deve emergere la piena verità sull’uccisione di Gabriele Sandri». Anche per Antonio Manganelli «la verità è l’unico omaggio concreto che possiamo fare alla famiglia del ragazzo». Ma che è successo in quella stazione di servizio? Il capo della polizia un’idea se l’è fatta. «È stato evidentemente un errore.

un intervento maldestro. L’agente, giovane come Gabriele che ha perso la vita, non era certo lì per fare danni ma per cercare di dare una mano, per portare legalità sulle strade, come faceva sistematicamente ogni volta che veniva impiegato».

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