L’aiuto dell’Onu ai disperati dei barconi: festival, convegni e comunicati stampa

Chissà se sarà piaciuto. O se sarà stato almeno interessante. Ci riferiamo al «Refugee Film Festival», organizzato l'anno scorso in Giappone dall’Alto Commissariato per i Rifugiati della Nazioni Unite, quell’Unhcr che, in questi giorni, ci sta dando lezioni di bon ton e di sensibilità. In attesa di certezze sul gradimento di quel festival possiamo rivelarvi l'unica cosa certa: è costato 185.464 dollari. Per la verità sarebbe meglio dire ci è costato. Perché l'Unhcr riceve ogni anno un bel po' di denaro da mezzo mondo. Il mondo dei 102 donatori pubblici e privati su cui può contare. Nel 2008, si legge nel Mid Year Report dell'Onu, quel mondo gli ha fornito fondi per 1.169.817.091 dollari e l'Italia è stato il decimo Paese più generoso in classifica con i suoi 35 milioni 307mila e 373 dollari, che, essendo più o meno 26 milioni di euro, non sono, converrete, proprio da buttar via. Cui si aggiungono i denari che privati, associazioni e semplici cittadini di questo nostro insensibile, arrogante Paese, rompendo i salvadanai, hanno voluto inviare al quartier generale dell’Unhcr, a Ginevra. Ovvero: un milione 858mila e 975 dollari.
Eppure è bastato respingere al mittente un paio di barconi, che siamo diventati il nuovo bersaglio dell'Unhcr. Che urla e strepita. E ci considera irresponsabili, insensibili, razzisti. E che, grazie alla grancassa nostrana di una sinistra sempre disperatamente in attesa di appigli, innesca il bombardamento mediatico (a proposito, nel 2008 la Divisione relazioni esterne dell'Unhcr, a cominciare dal direttore, per proseguire con il servizio stampa e relazioni pubbliche, l'archivio cartaceo ed elettronico eccetera, ha speso qualcosa come 16 milioni 139mila e 231 dollari) e intima la retromarcia.
Perché sostiene, per bocca della portavoce Laura Boldrini, che «La Libia oltre a non avere una legge e un sistema d'asilo non ha firmato la Convenzione di Ginevra del 1951 ed è quindi impensabile che oggi assolva questo compito in nome di altri Paesi che invece hanno gli strumenti e una lunga tradizione in questo ambito». Ammonisce, intima, accusa, l'Unhcr.
Peccato che a Ginevra e dintorni la memoria faccia difetto. Non è forse vero che la Libia il 28 Agosto del 2007 è stata eletta dal Consiglio sui Diritti Umani delle Nazioni Unite a capo dello specifico organismo dell'Onu, composto da 20 Paesi, che ha il compito proprio di prevenire ed offrire soluzioni alle violazioni dei diritti umani? E non è forse vero che nel 2003, non nella notte dei tempi, ma sei anni fa, la stessa Libia venne addirittura eletta a capo dell'intera Commissione Onu sui diritti umani, suscitando la durissima reazione dell’allora segretario generale Kofi Annan?
«Non può essere l'Unhcr in Libia la soluzione del problema, poiché l'agenzia Onu ha oggi nel Paese una presenza molto limitata, con un solo ufficio di collegamento a Tripoli che può contare su una persona sola part-time», aggiunge sempre in nome e per conto dell'Unhcr, la portavoce ufficiale. Bene. Allora, giusto per fare quella semplice cosa che l'Italia sollecita, ovvero gli accertamenti sulle persone che chiedono asilo, l'Unhcr potrebbe pensare, perché no?, a smuovere dalle sedie qualcuno dei suoi 6.500 dipendenti che ha distribuito in 116 Paesi, tra cui l'Italia naturalmente. Anche perché certi incarichi sono imbarazzanti.
Prendete appunto l'ufficio italiano dell'Unhcr, sapevate che, dal 2006, ha ampliato le proprie competenze diventando Rappresentanza Regionale responsabile anche per San Marino e Santa Sede, con il ruolo di coordinare le attività in favore di richiedenti asilo e rifugiati presenti in questi Paesi? Ci sarà la fila di persone, immaginiamo, che chiedono asilo politico in Vaticano e a San Marino.
Eppure con buona pace di Antonio Guterres, decimo gran capo, cioè Alto Commissario dell’Unhcr c’era un tempo in cui, era quando nacque, il primo gennaio del 1951, l'Alto Commissariato aveva a libro paga solo 33 persone, nell'unica sede di Ginevra, con un budget di 300.000 dollari. Era il tempo in cui quest'agenzia dell'Onu non aveva ancora battuto tutti i record di costi e spese, finendo giusto dopo il Segretariato Generale con stipendi (lordi) per 240.343.000 dollari e un budget di spesa a disposizione, comprensivo dei benefit concessi ai dipendenti e alle loro famiglie, di 1.134.148.000. Sono dati, questi però, del Committee Report del 2005, l'ultimo utile in proposito, quindi supponiamo che qualche aumentino nel frattempo sia intervenuto.
E tutto ciò per investire per esempio nel 2008 in Africa 681.453.330 dollari.

E per mettere sempre nel 2008, a disposizione dell'unico, anzi mezzo dipendente, presente come si diceva in Libia, fondi per 1.522.124 dollari, più un budget supplementare di altri 70.944 dollari per un totale di un milione 593mila e 68 dollari. Forse qualche controllino in più, con tutti quei soldi, si può fare.

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