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L’albero della fecondità? Castrato dai restauri

L’affresco è tornato bello com’era un tempo, certo, ma ora gli manca qualcosa: gli attributi. Ha guadagnato in nitidezza, però ha perso il suo slancio vitale. Diciamo pure la sua... virilità. Risalente al 1265, l’opera che si trova sulla grande parete delle Fonti dell’Abbondanza, a Massa Marittima, è un curioso caso di scandalo al contrario. O, secondo alcuni, di censura bella e buona. Il titolo ha in sé qualcosa di celestialmente aulico e insieme di panicamente (o penicamente) erotico: L’albero della fecondità. Infatti, i frutti che pendono dai suoi rami non sono propriamente commestibili: si tratta di inequivocabili organi sessuali maschili.
Scoperta nel 1999, l’immagine suscitò ovviamente molto interesse, e altrettanto ovviamente molta ilarità. Altro che secoli bui, si disse giustamente, il Medioevo può offrire sublimi esempi di un’arte che oggi, nella prospettiva distorta e spesso commerciale di Cattelan, Hirst&Company siamo portati a definire «provocatoria» ma che, invece, è semplicemente metaforica, cioè illustra le idee usando la materia. Tutta la materia, inclusa quella delle parti basse.
Ebbene, dopo sette secoli, l’affresco necessitava di un restauro. E restauro fu. I tecnici della Soprintendenza di Siena, con il contributo dell’Opificio delle pietre dure di Firenze e del Cnr, si misero al lavoro per rinfrescare i colori e ridefinire le linee. Ma ora che hanno terminato l’intervento chirurgico e hanno riportato a nudo come mamma (o papà) l’ha fatto quel «pezzo» prezioso, si scopre che l’Albero è rimasto, e tuttavia è sparita la fecondità. Insomma, non ci sono più i testicoli. E sui volti delle nove signore impegnate nella raccolta, attorniate da cinque uccelli (nel senso proprio di volatili) una maledetta suggestione ci lascia intravvedere un velo di delusione.
Gabriele Galeotti del movimento civico «Massa Comune», si rende interprete del dolore popolare per il drastico taglio, parlando di opera «fortemente compromessa» e annunciando un esposto alla procura e al ministero dei Beni culturali. Da parte sua il sindaco di Massa Marittima, Linda Bai, ostenta una serenità tipicamente femminile e la più totale fiducia nei confronti degli autori del restauro. I quali, a loro volta, fanno sapere che risponderanno delle accuse nelle sedi opportune.
Fatto sta che, osservandolo prima e dopo la «cura» (vedi le foto affiancate qui sotto) un frutto oggi mostra chiaramente di essere quantomeno acerbo. Il vicesindaco Franco Donati, fa gli scongiuri toccando ferro e no solo, e appellandosi alla professionalità degli esperti: «Forse lo stato di deterioramento in cui versano alcuni punti dell’opera può aver influito sui lavori...». Noi, in compagnia dei turisti colti richiamati a Massa Marittima dalla singolare attrattiva, consapevoli del fatto che a pensar male si fa peccato ci rifiutiamo di ipotizzare una trovata pubblicitaria.

E assistiamo, impotenti, al triste spettacolo dell’Albero «castrato».

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