L’albero da Guinness che illumina San Vittore

Loredana Gelli

Un albero di Natale da Guinness dei primati. Per ammirarlo basta raggiungere San Vittore del Lazio, il paese più meridionale della provincia di Frosinone. La sua sagoma è visibile sulle pendici del Monte Sammucro grazie ad una straordinaria illuminazione di 700 lampade policrome. L’opera, alla quale è stato assegnato nel 2002 il prestigioso riconoscimento dalla Guinness World Records, contribuisce a valorizzare un territorio che offre beni artistici, ambientali e archeologici di notevole interesse.
In questo paesino, arroccato su di una collina che domina l’ultimo tratto della Valle del Liri, troviamo l’atmosfera giusta per trascorrere un week-end prenatalizio all’insegna della tradizione e per scoprire una cucina semplice, strettamente legata alla cultura agropastorale del territorio. Il nome di San Vittore deriva dall’antica chiesa dei Benedettini cassinesi nelle cui vicinanze sorse l’antico nucleo abitativo. La sua origine medioevale è testimoniata dai resti della cinta muraria del castello con le 23 torri rotonde e quadrate, alcune perfettamente visibili, e dall’antica porta d’ingresso al castello sita in piazza del Municipio. Oggi l’impianto del castello è ancora ben riconoscibile e la fortificazione del versante ovest visibile percorrendo la Strada Provinciale di collegamento con Cervaro. Ma è il centro storico ad incuriosire il visitatore. I vicoli tipici dell’impianto medievale con archi e fregi di antichi casati, la Casa Comunale con la sua facciata settecentesca ad arco a sesto acuto, la caratteristica fontana in pietra del tardo Ottocento rappresentano il punto nodale del paese, il luogo d’incontro per eccellenza. Tra i vanti architettonici più importanti c’è, senza dubbio, la Chiesa di San Nicola, monumento nazionale e tipico esempio di chiesa rurale. Costruita attorno al 1100, dominava il «Borgo de li Greci» e ora la soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici del Lazio l’ha integralmente restaurata. È considerata uno dei più prestigiosi esempi di arte benedettina della Diocesi di Montecassino soprattutto per gli affreschi che vi sono conservati. Nella periferia del centro storico c’è un altro monumento di particolare interesse: la chiesa di San Sebastiano, detta anche di Santa Maria del Soccorso, ricca di elementi architettonici e affreschi cinquecenteschi.
Rilevante è anche la presenza di reperti di epoca preromana e romana rappresentati, in particolare, dalla cinta di mura megalitiche, lunghe oltre un chilometro e mezzo, che si snoda lungo le pendici occidentali del monte Sammucro e dalle tombe risalenti al primo secolo dopo Cristo. Il reperto archeologico romano più importante è, comunque, il Thesaurus. Composto da due massi di pietra incavati e sovrapposti uno sull’altro in modo da far combaciare la parte cava, ha la forma di un grande salvadanaio con tanto di fessura ricavata nella parte superiore utilizzabile per introdurre le monete delle offerte.


Proprio dai rudi e orgogliosi pastori sanniti che vissero sulle pendici del Monte Sammucro, trae origine la semplice cucina locale: ricottine di latte di pecora prodotte artigianalmente, formaggi di pecora e capra, piccanti piatti a base di pecora bollita servita con salse profumate, trippa alla sanvittorese insaporita con cipolle, carote e sedano, soffritti d’interiora saltati in padella con pomodoro e peperoncino, frittelle di baccalà e cavolfiori e, immancabili, taralli. In questo periodo, inoltre, è facile ascoltare le note di due antichi strumenti popolari, il «putipù» e le «raganelle», suonati da un gruppo locale interessato alla riscoperta delle forme artistiche tradizionali.

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