L’allarme di Dell’Utri: «Puntano a colpire il patrimonio di Silvio»

RomaSi difende, attacca, propone, incoraggia, lancia avvertimenti. È un Marcello Dell’Utri battagliero, anche se «angosciato», quello che si sottopone al fuoco di fila delle domande di Lucia Annunziata nella trasmissione di Rai3 In mezz’ora.
Si difende dalle «falsità assolute», dalle «calunnie» del pentito Gaspare Spatuzza, che cerca di trascinare nel fango delle accuse di collaborazione con la mafia lui stesso e Silvio Berlusconi: «Cose allucinanti e assurde». Attacca i mass media, che «montano il caso con l’aria fritta» e soprattutto i pm di Magistratura Democratica (corrente di sinistra delle toghe, ndr), che hanno un «disegno unico», con la sinistra e i «poteri occulti», per colpire il Cavaliere per via giudiziaria. «Ora puntano al patrimonio del premier. Ma non ci riusciranno, perché anche i più grandi teoremi cadono di fronte alle cose che non esistono».
Propone di regolamentare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa e di rivedere la legge sui pentiti sul modello Usa: basta con le «dichiarazioni a rate». Inoltre, chiede una legge sulla immunità forte quanto quella degli europarlamentari.
Incoraggia Berlusconi a non mollare: «Non si fa processare perché ritiene un’ingiustizia essere accusato di reati che non ha commesso. Comunque, in caso di condanna dovrebbe restare al suo posto. Non vedo perché debba lasciare un progetto che tutti gli chiedono di portare a termine». Avverte Fini: «Se dovesse cadere Berlusconi sarebbe la fine per tutti. Sarebbe la fine anche per Fini. E lui lo sa bene». Nel Pdl, insomma, «c’è una dialettica, ma nessun complotto».
Per Dell’Utri, Spatuzza è temibile perché «non dice nulla, non sa nulla e può inventarsi qualsiasi cosa». Ora farà nuove deposizioni e il senatore del Pdl sottolinea la sua inattendibilità, il suo parlare per «sentito dire». Ma «non ci si può difendere di fronte a queste invenzioni». Ciò che viene «adombrato», sottolinea, è «gravissimo e inconcepibile in un Paese civile». Tranquillo con la propria «coscienza», il parlamentare del centrodestra dimostra però scarsissima fiducia nella giustizia. Non si aspetta nulla di buono dai pm impegnati nelle indagini in 4 città diverse. «So che ci sono collegamenti tra pm di diverse procure - dice -. Sono organizzati questi pm. Magistratura Democratica è organizzatissima».
Un complotto, allora? I magistrati fanno la loro parte, risponde Dell’Utri, e poi c’è l’opposizione di sinistra e i poteri occulti, che «hanno tentato in tutti i modi di far desistere Berlusconi dal fare politica e l’arma che alla fine si sono trovati in mano è quella giudiziaria». Spatuzza e i suoi verbali, dice, sono piombati sul suo processo d’appello, che sperava avviato non verso un’assoluzione magari, ma almeno «una sentenza più giusta». Per lui, la verità è che «si cercano pentiti con cui essere generosi: se parleranno poi si punta alla convergenza del molteplice. È una follia».
Ripete una frase alla quale è già stato inchiodato: Vittorio Mangano, lo «stalliere» di Arcore, fu «eroico» perché in carcere malato rifiutò di coinvolgere lui e Berlusconi, in cambio del ritorno a casa.
Dell’Utri è stato condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

«Bisognerebbe rivedere - dice - la legge sui pentiti e definire nel codice il reato, ora affidato alle parole dei pentiti e non a precisi fatti che vengono contestati agli imputati». Negli Usa si fanno dichiarazioni unitarie, non «a rate». E il reato di concorso esterno, così com’è, «consente di incriminare chiunque non sia un criminale».

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