Il Papa, che da cardinale si iscrisse a un’associazione di donatori, ha ribadito ieri che la donazione di organi per i trapianti è un grande atto di amore, ha ricordato che la morte del donatore deve essere pienamente accertata e ha messo allo stesso tempo in guardia dagli abusi e dal «traffico» di organi, che tocca spesso i bambini, condannando come «abominevoli» queste pratiche.
Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i partecipanti al congresso internazionale promosso dalla Pontificia accademia per la vita dedicato alla donazione di organi. Alla presenza del ministro del Lavoro e della salute Maurizio Sacconi, dopo il saluto del presidente della Pontificia accademia, l’arcivescovo Rino Fisichella, il Papa ha spiegato che «la donazione di organi è una forma peculiare di testimonianza della carità», che esprime la «logica della gratuità». «I trapianti di tessuti e di organi - ha continuato il Pontefice - rappresentano una grande conquista della scienza medica e sono certamente un segno di speranza per tante persone».
Ratzinger ha ricordato quindi «il problema della disponibilità di organi vitali da trapianto» che purtroppo «non è teorico, ma drammaticamente pratico; esso è verificabile nella lunga lista d’attesa di tanti malati le cui uniche possibilità di sopravvivenza sono legate alle esigue offerte che non corrispondono ai bisogni oggettivi». E ha parlato dell’utilità di «ritornare a riflettere su questa conquista della scienza, perché non avvenga che il moltiplicarsi delle richieste di trapianto abbia a sovvertire i principi etici che ne stanno alla base», con il rischio di considerare il corpo «un mero oggetto» sottoposto alla «logica del mercato». È necessario che «in prima istanza si ponga il rispetto per la dignità della persona e la tutela della sua identità».
Benedetto XVI ha poi precisato che si «può donare solamente se non è mai posto in essere un serio pericolo per la propria salute e la propria identità». «Eventuali logiche di compravendita degli organi, come pure l’adozione di criteri discriminatori o utilitaristici striderebbero talmente con il significato sotteso del dono che si porrebbero da sé fuori gioco, qualificandosi come atti moralmente illeciti». Ha quindi invitato la comunità scientifica e medica a rifiutare come inaccettabili e a condannare come «abominevoli» gli «abusi nei trapianti e il loro traffico, che spesso toccano persone innocenti quali i bambini». «Lo stesso principio etico va ribadito quando si vuole giungere alla creazione e distruzione di embrioni umani destinati a scopo terapeutico. La semplice idea di considerare l’embrione come “materiale terapeutico” contraddice le basi culturali, civili ed etiche su cui poggia la dignità della persona». Benedetto XVI ha anche ricordato che i trapianti avvengono grazie a gesti «di totale gratuità da parte dei parenti di pazienti di cui è stata accertata la morte», osservando che «in questi casi, il consenso informato è condizione previa di libertà, perché il trapianto abbia la caratteristica di un dono e non sia interpretato come un atto coercitivo o di sfruttamento». Il Papa ha infine toccato il tema della constatazione della morte, affrontato nei mesi scorsi da un articolo di Lucetta Scaraffia sull’Osservatore Romano, ricordando che i singoli organi vitali non possono essere prelevati che da un cadavere. «La scienza ha compiuto ulteriori progressi nell’accertare la morte del paziente. È bene, quindi, che i risultati raggiunti ricevano il consenso dall’intera comunità scientifica così da favorire la ricerca di soluzioni che diano certezza a tutti», perché «non può esserci il minimo sospetto di arbitrio e dove la certezza ancora non fosse raggiunta deve prevalere il principio di precauzione».
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