Enrico Lagattolla
Il suo «principe azzurro», come ancora lo chiama, è a due passi da lei. Vicino, ma dietro le sbarre. Chiuso nella cella degli imputati, alla prima Corte dassise del tribunale. Dentro, Boris Zubine, luomo che nellestate di due anni fa uccise la madre e ne fece a pezzi il cadavere, le dice «ti amo». Fuori - e libera dopo mesi di carcere e arresti domiciliari - Marinella Russo, la sua compagna. Unaccusa di favoreggiamento e unidea fissa. «Voglio sposarlo».
Cardigan color crema a disegni geometrici su braghe marroni, Zubine incrocia lo sguardo della ragazza. Capelli a caschetto, lei, poggiati su maglioncino rosa confetto. Si cercano. «Oggi Marinella non vedeva lora di arrivare in aula per rivedere Boris», confida il legale della ragazza, lavvocato Valentina Rovere. «Lei soffre molto, perché le hanno vietato di incontrarlo in carcere».
Un matrimonio che non si può fare, manca latto di nascita di Zubine. Eppure è sempre «il mio principe azzurro». Lui, che di anni ne ha 59 e diciassette li ha passati in carcere per lomicidio di un ex socio in affari. Lui che è uscito di galera nel dicembre del 2003 e ci è rientrato pochi mesi più tardi, quando i carabinieri trovano i resti della madre nei sacchi della spazzatura nascosti nella cantina dello stabile di via Asturie, dove la donna viveva col figlio e con Marinella. Boris il reo confesso, quello del memoriale consegnato al pubblico ministero Luca Poniz, in cui ricostruisce le ultime vicende della sua vita. «Delirante», lo definisce il magistrato. O ancora, quello che a Marinella, come lei stessa racconta, nasconde tutto. «La mamma sta male, non entrare nella sua stanza», le diceva. Ma la stanza era già vuota perché la madre erano gli otto pezzi ormai finiti nei sacchi neri. E, soprattutto, luomo che le perizie psichiatriche definiscono «seminfermo di mente e socialmente pericoloso».
Ecco, quel «principe azzurro» la Russo non lo può più incontrare.
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