Pasqua amara per il povero Casini dopo il risultato elettorale dellUdc: un risicato cinque virgola. Pierferdy, che aveva pomposamente riesumato la craxiana politica dei due forni con lambizione di essere lago della bilancia tra Pdl e Pd, si è scoperto politicamente irrilevante.
Dove si è presentato da solo ha perso il confronto con tutte le forze intermedie, dai dipietristi ai grillini. Per tacere della Lega che lha surclassato. Quando si è alleato, secondo criteri arlecchineschi, a volte con la destra, altre con la sinistra, ha mostrato la sua inutilità. Salvo rari casi, chi doveva perdere ha perso nonostante lappoggio di Casini. Chi doveva vincere, ha vinto a prescindere da lui.
Ma la cosa peggiore è che lUdc ha perso la propria identità. Reperto della vecchia Dc o embrione della nuova, secondo i punti di vista, era comunque il partito dei cattolici. Non è più niente. A furia di allearsi col diavolo e lacquasanta, Perferdy si è messo in urto con la Chiesa. LAvvenire, quotidiano dei vescovi, lo ha più volte bacchettato. Preti e monache gli hanno voltato le spalle.
Se lè cercata. Ha fatto il furbo con locchio fisso alle poltrone. Si è così trovato dalla stessa parte dei rifondaroli, di De Magistris, il sodale di Di Pietro che vuole portare in tribunale il Papa per inchiodarlo sui preti pedofili, di Mercedes Bresso, la pasionaria torinese. Ed è proprio in Piemonte che Casini ha perso più che altrove la faccia. La Bresso, presidente regionale uscente, è una bestia nera dellepiscopato. Laica, dura, femminista e grande sostenitrice della pillola abortiva (Ru486), Mercedes era il classico tipetto da cui un leader cattolico doveva stare alla larga. Non solo per rispetto delle proprie convinzioni ma per rinsaldare il rapporto con le gerarchie ecclesiastiche. Casini non ha fatto né luno né laltro. Passi per le convinzioni che, nel suo caso, sono elastiche. Imperdonabile, invece, la sottovalutazione della reazione cattolica.
Vediamo la storia da vicino perché rappresenta forse il punto di non ritorno della parabola casiniana. Pierferdy aveva in Piemonte tre alternative: allearsi col centrodestra, col Pd o andare per conto proprio. Con la destra non ha voluto perché il candidato era Roberto Cota il quale, gradito alla Chiesa, era però sgradito a Casini che detesta i leghisti per principio. Da solo non gli conveniva perché non se lo sarebbe filato nessuno. Ha scelto la Bresso pensando che avrebbe vinto e che lui, mettendosi a rimorchio, avrebbe raccattato qualche poltrona. Un calcolo, come si vede, in cui non hanno minimamente inciso le sue sbandierate convinzioni religiose. Sui principi ha prevalso linteresse spiccio.
Anche più grave la circostanza che a consigliargli lalleanza perdente con Mercedes sia stato Michele Vietti, plenipotenziario torinese dellUdc. Michele è della stessa pasta di Pierferdy. Ossia - sulla carta - un supercattolico tradizionalista, nei fatti un furbacchione. A denunciare la doppiezza di Vietti è stato suo cugino, Massimo Introvigne, uomo pio ed esponente dellUdc che, indignato per la faccenda, ha abbandonato il partito e mandato allinferno il parente. Pare - stando a Introvigne - che Vietti, attivo nel settore della Sanità regionale, avesse un consolidato rapporto con la Bresso. Di qui la scelta - in nome degli affari - di appoggiare la madamina laica e filo abortista, piuttosto che affrontare lincognita di Cota, nonostante laffinità cattolica. È andata male e ha perso. Ha vinto il leghista. Resta, scolpito nel marmo, latteggiamento poco commendevole di Vietti che - aggiunto allopportunismo di Casini - ha irrimediabilmente deturpato limmagine dellUdc come partito dei valori cristiani. Se infatti - lì dentro - sono tutti come loro due, meglio perderli che trovarli.
La riprova è che la Chiesa preferisce oggi la Lega a Pierferdy. Il distacco si sta consumando in queste ore. Appena i due neo governatori di Piemonte e Veneto - Cota e Zaia - si sono detti contrari alla Ru486, i vescovi si sono schierati con loro entusiasti. Il presidente della Pontificia accademia della vita, Rino Fisichella ha espresso «plauso», il vescovo di San Marino, Luigi Negri, si è detto «grato», soddisfatto il presidente della Cei, cardinale Bagnasco. È tutto un lodare la Lega e ignorare lUdc.
Casini è stato soppiantato nelle simpatie ecclesiastiche da quelli che più detesta. Lironia è che ha sempre combattuto i leghisti in nome dei valori cristiani. Aveva preso sul serio gli slogan pagani sul dio Po, le chiacchiere sui Celti, le cerimonie druidiche e le diverse baggianate mitologiche del bossismo delle origini. Così come le esagerazioni sugli extracomunitari, le fiaccolate, le ronde. Si è crogiolato in unimmagine stantia del leghismo senza accorgersi che, sempre più pragmatici quanto più avevano consenso, i «padani» hanno progressivamente abbandonato il folklore per governare sul serio. Pensava di potere vivere di rendita con lantileghismo e nel frattempo curare sfacciatamente gli affari suoi. Dirsi vicino ai preti a parole e allearsi di fatto con chi li disprezza. Mai Casini ha corso rischi per difendere quelle che la Chiesa considera le sue priorità: il no ai matrimoni gay, alleutanasia, alle fecondazioni di ogni tipo, allaborto e il sì alla scuola e all'educazione cattolica. Mai ha condotto vere battaglie contro il laicismo, limitandosi a educati dissensi che non gli hanno impedito di trescare con DAlema, Bersani, Fini, con gli atei di ogni provenienza e i cattolici adulti. Ma la Chiesa bada al sodo e vuole i Fanfani che per contrastare il divorzio hanno speso ogni energia, perduto la guida della Dc, accettato di cadere in disgrazia. Così ha messo locchio sulla Lega e lo ha distolto da Casini, un uomo né carne né pesce, che chiede solo di sopravvivere un giorno puntellandosi alla destra, laltro intruppandosi a sinistra.
Per noi è Pasqua di Resurrezione. Per lei, povero Casini, il contrario. Verrebbe da dire ben le sta. Le porgo invece gli auguri.
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