L’America non inverte la marcia: cresce l’esercito dei disoccupati

Avere oltre sei milioni di persone senza lavoro da più di un semestre non è un buon segno. Ancor di più se questi sei milioni di lavoratori a spasso rappresentano quasi il 42% del complesso dei disoccupati. Gli Stati Uniti sono in questa situazione. Il periodo della recessione ha provocato un danno strutturale al mercato del lavoro, come un’eredità imposta piena di debiti. Sulla mancata risoluzione del rebus-occupazione Barack Obama si è già giocato le elezioni di mid-term, ma in prospettiva il presidente della speranza sintetizzata nello slogan we can rischia la riconferma alla Casa Bianca. La storia insegna che la pazienza degli americani senza stipendio è corta. George Bush senior, per esempio, fu costretto nel 1992 a far le valigie (gli subentrò Bill Clinton) anche (e forse soprattutto) per non aver saputo tempestivamente colmare il solco occupazionale scavato dalla recessione del 1990. Obama ieri ha parlato di «tasso di disoccupazione inaccettabile», la stessa frase usata più volte negli ultimi mesi che sembra ormai suonare come un attestato di impotenza. La stessa che deve provare davanti al mancato accordo sul taglio del disavanzo tra i due presidenti della Commissione deficit.
La disoccupazione si spiega, ma non si piega: questo è il problema. Le cifre raccontano molto, ma non tutto. Negli Usa i disoccupati sono saliti in novembre al 9,8% dal 9,6% di ottobre. Da 18 mesi questa spia del malessere sociale lampeggia sopra al 9%. Per poter scendere sotto questo livello occorreranno ancora mesi, magari anni. Non a caso, ieri, le antenne dei mercati si sono subito alzate, e solo un recupero finale ha permesso alle Borse europee di limitare i danni (+0,3% Milano). Nell’ultimo Beige Book, la Fed è si mostrata cauta sull’evoluzione occupazionale nonostante barlumi di miglioramento dell’economia e dei consumi. Anche per Bernanke, l’interrogativo riguarda se e quando la Corporate America tornerà ad assumere senza più usare il contagocce. Anche i 600 miliardi del piano d’acquisto di titoli di Stato sono generati da questo dubbio. Oggi il Paese è ancora vittima di una jobless recovery, una ripresa senza lavoro. I 39mila nuovi posti creati il mese scorso negli Usa non bastano a cambiare musica: sono pochi, e per di più il saldo nasconde i tagli (11mila) effettuati tra i dipendenti del governo. Nel settore privato, il 70% della forza lavoro Usa, le assunzioni sono state 50mila, meno di un terzo rispetto alle 160mila di ottobre e bel al di sotto delle 93mila del sondaggio Adp diffuso giovedì. L’industria manifatturiera ha inoltre perso 13mila dipendenti, quarto calo consecutivo.
Il dopo-crisi ci ha però abituato a statistiche costantemente contraddittorie. Uno stop and go continuo (o viceversa) nemico delle previsioni. Non è facile dunque stimare quale impatto potranno avere sui consumi natalizi i 15 milioni di americani a spasso.

Le vendite del black friday (+8,7% rispetto all’anno scorso) e del cyber monday (un miliardo di dollari spesi) sono andate bene, ma gli analisti mettono le mani avanti: prima di festeggiare, dicono, è meglio aspettare i dati di vendita dell’intero mese, perchè molti consumatori potrebbero aver deciso di approfittare degli sconti per poi risparmiare nei fine settimana successivi.

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