L’amministrazione «Non è Guantanamo, quella denuncia ci offende»

Sono «parole inaccettabili» - per i responsabili dell’amministrazione penitenziaria lombarda e di San Vittore - quelle del presidente della Corte d’Appello, Giuseppe Grechi, che mercoledì ha parlato di «tortura a San Vittore», per denunciare il sovraffollamento del carcere milanese. Una denuncia arrivata alla vigilia di un appuntamento importante con il presidente del Dipartimento ministeriale che governa le carceri, Franco Ionta: la presentazione di «ArticoloVentisette», l’Agenzia regionale per la promozione del lavoro penitenziario gestita dal provveditorato alle carceri con la collaborazione delle istituzioni e delle imprese. Una sorta di grande ufficio di collocamento delle persone detenute.
«Le parole hanno un peso e non possono essere utilizzate impropriamente - ha commentato Ionta - mi auguro che siano state usate per sottolineare un problema. Le strutture penitenziarie soffrono di sovraffollamento e di tante difficoltà ma certe parole rischiano di essere un’offesa per il sacrificio che quotidianamente uomini e donne con e senza divisa fanno». «Nell’amministrazione penitenziaria - ha aggiunto - non tutto va bene e non è un caso che il governo abbia deciso una accelerazione sull’edilizia penitenziaria».
«Non ci sentiamo torturatori e non siamo a Guantanamo». Così il provveditore alle carceri lombarde, ed ex direttore di San Vittore, Luigi Pagano: «Dei tre reparti aperti - ha detto Pagano - due sono stati ristrutturati di recente. Il carcere è sovraffollato, ma c’è un lavoro da parte di tutti gli operatori che lima moltissime delle difficoltà e dei problemi che esistono a San Vittore». Quanto all’arresto per droga di un agente, Pagano ha parlato di «mele marce». «Parole che soddifano», quelle di Ionta e Pagano, per l’attuale direttore del carcere, Gloria Manzelli, che ha «smentito categoricamente» che si possa parlare di «tortura»: «San Vittore dà delle opportunità di recupero, le persone possono coglierle o meno».

«Parole eloquenti», anche per un’altra donna, Manuela Federico, giovane, ex avvocato, da pochi mesi al vertice della Polizia penitenziaria dell’istituto, per la quale ci sono «condizioni difficili per il sovraffollamento», che «grava anche sugli agenti», i quali fanno «del loro meglio».

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