L’analfabeta che componeva a orecchio

La discografia a nome di Django Reinhardt o dei suoi gruppi, il principale dei quali è naturalmente il Quintetto dell’Hot Club di Francia, si colloca nel periodo che va dal 1934 all’aprile 1953, il mese che precede la sua morte improvvisa. In realtà, il chitarrista gitano entrò in studio di registrazione a cominciare dal 1928, ma si tratta di brani per collezionisti arrabbiati, poco significativi, dei quali il protagonista principale non è lui. La produzione del ventennio che qui si considera è tuttavia immensa per l’epoca, tanto più che si tratta sempre di brani brevi, i cui originali, eccettuati gli ultimi, furono contenuti nei vecchi dischi a 78 giri con il diametro di 25 centimetri che permettevano esecuzioni di tre minuti. Ciò posto, a un «beato possidente» si potrebbe consigliare l’acquisto dell’attuale box di dieci cd intitolato Djangology, nel quale c’è poco meno che tutto. Ma sarebbe quasi uno sgarbo, e poi bisogna indicare quali siano i brani migliori di questo genio della chitarra che era anche compositore senza saper leggere né scrivere, neppure la musica, per cui canticchiava ai compagni i temi che la fantasia gli dettava. Era anche un osservatore attento di quanto accadeva nel mondo del jazz e perciò, anno dopo anno, troviamo sempre nel suo repertorio belle esecuzioni di brani altrui. Non si perdano quindi, in ordine di tempo, After You’ve Gone, Swing Guitars (Reinhardt), Solitude (Ellington), Body And Soul, Parfum (Reinhardt), Tiger Rag, St. Louis Blues, Lady Be Good, Minor Swing, Lover Man, Swing 42 (Reinhardt), Begin The Beguine, Ol’ Man River, Manoir De Mes Reves (Reinhardt), Moquette.
Delle composizioni-esecuzioni di Reinhardt la più bella è, per generale opinione, Nuages. Django la registrò per la prima volta nel 1940 e la eseguì infinite volte lasciando una sorta di testamento ai posteri che la interpretano tuttora. Oggi è pure reperibile, con qualche difficoltà, l’ultima fatica discografica di Reinhardt dell’8 aprile 1953, nel quale egli consegnò il testimone all’altro grande ingegno del jazz di Francia, il pianista Martial Solal, ancora vivente e operativo, che proprio quella volta debuttò con lui.

È uno dei pochi musicisti che di Django, e delle sue micidiali distrazioni, conservino un ricordo diretto e affettuoso. Di quel disco, ora cd, che contiene Le Soir, Chez Moi, I Cover The Waterfront e Deccaphonie, si suggerisce un ascolto integrale e particolarmente attento.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica