Nella scelta di Mediobanca di proporre ai soci una ricapitalizzazione «a tempo» cè tutta la convinzione dellad Alberto Nagel e del resto del top management della banca presieduta da Cesare Geronzi di essere un unicum.
Mediobanca non ha bisogno, a norma, di nuovo capitale. Il Core Tier1 è al 10,3%, contro il 7% di banche come Unicredit e Intesa. E con loperazione annunciata ieri potrà salire fino al 12,3%. Ma la convinzione è che la situazione dei mercati e delleconomia in generale sia tuttaltro che risanata; che per uno-due anni si possa ballare ancora. E che in queste condizioni si possa mettere in cantiere oggi - approfittando dellattuale finestra positiva delle Borse, dei tassi dinteresse e dellabbondante liquidità - unoperazione che tra qualche tempo potrebbe non essere più replicabile.
Il mercato, è la convinzione di Nagel, premierà le banche con buona reputazione e tanto capitale, richiesto dai futuri strandard, ancora più stringenti per le banche daffari rispetto a quelle commerciali. Sarà un mercato più duro in quanto a regole, ma più facile, per chi sopravviverà, perché avrà meno concorrenti in giro. E questo è il percorso che Mediobanca ha scelto ieri, archiviato uno di bilanci più difficili della sua storia. Un percorso che tra laltro non potrà dispiacere al ministro Tremonti, che trova nella più blasonata banca daffari italiana un riscontro sulla necessità di rafforzamento del sistema bancario italiano. Che poi Medobanca lo faccia senza fare ricorso ai Tremonti bond è unaltra storia: se lo può permettere. Non per tutti è così.
Sullo sfondo cè però anche un altro obiettivo, per Nagel: quello di contenere il peso dei suoi grandi soci, riuniti in un patto di sindacato che dallattuale 45% potrà scendere sotto quota 40: la conversione dei warrant in capitale permette infatti di non conferire i nuovi titoli al patto. Che così si potrà diluire. Il che aumenterà ulteriormente il valore della banca sul mercato. Anche questo è guardare a un futuro, niente affatto lontano.
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