Vi sono state due grandi prospettive per l'Europa come sistema politico: una è l'Europa delle nazioni, lanciata dal generale Charles De Gaulle e fondata sull'asse franco-tedesco come elemento stabilizzante della democrazia. Ad essa dobbiamo i due maggiori eventi europei del dopoguerra: l'unificazione della Germania e la moneta comune, l'introduzione dell'euro al posto del marco in cambio di Berlino capitale della Germania unita. Nonostante si conceda soltanto il «patriottismo della Costituzione», la Germania è tornata come nazione nella sua realtà ottocentesca, ha cioè salvato anche l'eredità di Bismarck, l'unificazione prussiana dopo la fine della Prussia. Tuttavia, l'Europa delle nazioni ha ceduto il passo, nel linguaggio formale degli Stati membri, all'Europa come Unione europea, cioè a una blanda confederazione di Stati ottenuta mediante istituti che imprimono su tale confederazione l'immagine di uno Stato: la Commissione come governo e il Parlamento europeo come contrappeso elettivo.
La grande crisi americana, che ha condotto all'elezione di Barack Obama a presidente degli Stati Uniti, ha inciso sicuramente sui rapporti tra Ue e Usa, rendendo - se così possiamo dire - l'Atlantico più largo. La comunità atlantica impallidisce dinanzi a un presidente eletto con un atto di fiducia dell'America in se stessa, in una sorta di isolazionismo morale e di repressione degli istinti imperiali. L'impero americano ha reso possibile l'Unione europea dandole un supporto politico reale, che l'Ue non ha in se stessa. Con la crisi finanziaria è ricomparsa l'altra Europa, l'Europa di De Gaulle, l'Europa delle nazioni, che si è manifestata nel fatto che, pur accettando il carattere comune della crisi, ogni Stato ha deciso di affrontarla con i suoi metodi e nelle sue condizioni proprie.
La Germania di Angela Merkel, l'unico paese europeo che poteva accrescere i suoi investimenti e i suoi consumi, ha rifiutato di farlo rimanendo fedele al suo orizzonte nazionale. Ciò dipende anche dal fatto che la signora Merkel proviene dalla Germania orientale, cioè da quella parte del paese rimasta fuori dalla fondazione europea e rinata alla vita solo con l'unità tedesca. La Merkel pensa alla Germania in solitudine, come eccezione virtuosa al di qua dell'Atlantico.
Ogni Stato europeo si è raccolto in se stesso, nella sua identità nazionale. Così è apparso chiaro che la sovranità nazionale esiste ancora ed è la vera radice della politica. Nel quadro dell'impero americano si poteva pensare a una società civile europea organizzata in confederazione, in cui potevano nascere euro-regioni, integrazioni economiche e territoriali oltre i confini degli Stati. È da tempo che la politica bussa potentemente alle porte dell'Europa: lo ha fatto con l'emersione della Russia di Putin e con il nuovo volto dell'Islam, che si manifesta anche con il terrorismo. Questo è il tempo dell'Europa delle nazioni e quindi degli incontri tra Stati autonomi rispetto al quadro confederale dell'Unione. Non a caso il presidente francese ha usato il suo titolo di presidente di turno dell'Ue per creare riunioni di Stati considerati più forti rispetto agli altri. Il principio che ha organizzato la pace europea fino alla rivoluzione francese, e anche oltre, è stato il consenso degli Stati. Questo si è verificato anche nella presente situazione, in cui differenti soluzioni sono state trovate con il consenso comune sul tipo di sfida che la crisi americana poneva ai paesi europei e ai loro singoli sistemi nazionali. Ciò determina politiche interstatali di fatto paneuropee, come l'Unione dei paesi mediterranei voluta dal presidente francese in quanto tale.
Con la fine dell'impero americano la realtà della politica torna in Europa e incide su quella dimensione che rappresenta il potere decisivo: la sovranità nazionale. Il consenso degli Stati ritorna ad essere il principio della legittimità europea.
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